Commento al Vangelo

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Non basta pregare. Gesù su questo tema è stato severo: “Perché mi invocate: - Signore, Signore! - e non fate quello che dico?” (Lc 6,46). Nel vangelo di Matteo c’è un avvertimento: “Non  chiunque mi dice: - Signore, Signore -, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). Preghiera e azione si completano

 Noi siamo soliti parlare di “parabola del buon samaritano”, perpetuando un uso che viene dalla lingua semitica, dove il termine “mashàl” (= parabola) serviva per indicare la parabola, il racconto esemplare, il proverbio, il detto sapienziale, ecc. A livello letterario le cose stanno diversamente. La parabola provoca nel destinatario un giudizio con il quale, inconsapevolmente, giudica se stesso. Il racconto esemplare, invece, propone solo un esempio da imitare (“Va' e anche tu fa' così”).

Ogni tipo di chiamata non cancella il legame di sangue, ma lo rende subalterno al rapporto con Dio. La chiamata, inoltre, comporta una certa solitudine perché non tutti (parenti, amici e altri) riescono sempre a capire la scelta che la persona compie. Quando uno sceglie la sua strada, qualunque essa sia, dà il primato a Dio. Inoltre ogni scelta radicale, come essere discepoli di Cristo, è una scelta per sempre.

L’Eucaristia è primariamente celebrazione del mistero Pasquale (morte e resurrezione del Signore). Gesù dice con chiarezza: “Fate questo in memoria di me”. Si tratta di un’espressione che contiene il vocabolo “anamnesis” che significa “memoria attuativa di ciò che si ricorda”