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6 gennaio, Epifania, omelia del Vescovo S.E. Giuseppe Pellegrini

La solennità dell’Epifania, manifestazione del Signore Gesù all’umanità, che abbiamo celebrato nel Natale e oggi ancora più particolarmente nell’Epifania, commemora la nostra accoglienza ed adesione alla venuta di Gesù fra noi, nessuno escluso, perché tutti chiamati a riconoscerlo ed accoglierlo nella fede.

6 gennaio, Epifania, omelia del Vescovo S.E. Giuseppe Pellegrini

La solennità dell’Epifania, manifestazione del Signore Gesù all’umanità, che abbiamo celebrato nel Natale e oggi ancora più particolarmente nell’Epifania, commemora la nostra accoglienza ed adesione alla venuta di Gesù fra noi, nessuno escluso, perché tutti chiamati a riconoscerlo ed accoglierlo nella fede.

 

La narrazione della venuta dei Magi, che abbiamo ascoltato nel Vangelo di Matteo, ha un significato che va al di là di quanto è accaduto nella storia, perché il Vangelo è il libro della vita che parla ad ogni uomo ed ogni donna di tutti i tempi. Per comprendere il significato profondo e attuale della festa dell’Epifania, desidero porre due domande. La prima la prendo dalla prime parole che i Magi pronunciano: “Dov’è colui che è nato?” (Matteo 2,2). I capi dei sacerdoti e gli scribi identificano nella Scrittura il luogo della nascita di Gesù. Ma questa risposta non è sufficiente per dare un significato al cammino che i Magi hanno compiuto e alla loro ricerca. È stato proprio questo interrogativo a metterli in cammino da terre lontane, luoghi dove Israele era stato portato in schiavitù. Ogni ricerca della verità, anche della verità su noi stessi, conduce a Dio, offrendo delle risposte ai più grandi problemi della vita. Ognuno può cercare e raggiungere il Signore, importante che si metta in cammino e che segua quella voce che sente dentro di sé. “Abbiamo visto la sua stella”, dicono i Magi. Da soli è impossibile scoprire e dare un senso alla vita. C’è bisogno di qualcosa o di qualcuno, raffigurati dalla stella, che ci aiutino. Ma è una stella che appare e scompare, per ricordarci che siamo noi a decidere se metterci in cammino per ritrovare il significato delle cose. Anche ai nostri giorni è difficile assumere un atteggiamento contemplativo della vita, fermarci per ascoltare le domande e i bisogni che ci portiamo dentro. Dov’è colui che è nato, è la domanda che i Magi si sono posti durante tutto il loro lungo viaggio, che hanno fatto affidandosi per fede in Dio che guida la storia dell’umanità e la storia di ogni persona. 

 

L’altra domanda ce la facciamo noi: “Dove i Magi trovarono Gesù, il figlio di Dio?”. Lo trovarono nella fatica di lasciare le loro terre e le loro case e possiamo dire anche le loro comodità, per incamminarsi in un viaggio lungo e faticoso, spinti da quella voce interiore, spinti dalla fede che è all’origine di ogni partenza e ricerca di senso della vita. Così scrive l’autore della Lettera agli Ebrei: “Per fede, Abramo, chiamato da Dio obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andava” (11,8). La luce della stella li accompagnò in quel cammino. I Magi trovarono Gesù là dove la stella si era ferma, in un luogo ben preciso. Ai Magi era stato detto di andare a Betlemme, ma il testo si esprime così: “La stella … giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino” (Matteo 2,9). La meta del loro del loro lungo viaggio era il bambino Gesù. Il luogo non era una località ma una persona, Gesù Cristo un bambino in braccio a sua madre nella ferialità e quotidianità della vita. Dio, ce lo ha ricordato il Natale, si rivela in un povero bambino, la più umana delle condizioni, perché fragile e indifeso. Solo nella fede i Magi hanno potuto prostrarsi e adorare il bambino, offrendogli oro, incenso e mirra, che nel simbolismo dell'Antico Testamento richiamano le funzioni del futuro Messia: l’oro ne richiama la regalità; la mirra le funzioni sacerdotali e l’incenso che si offre alla divinità. 

 

Aiutati da questi interrogativi, anche noi oggi siamo invitati a non aver paura di rimetterci in cammino, alla ricerca del bene, dell’amore, della giustizia e della pace, che sono gli aspetti che danno sapore e gusto all’esistenza. Non è mai facile, soprattutto quando ci si imbatte nell’Erode di turno. Dice papa Francesco in un’omelia: “I Magi non si lasciarono ingannare da Erode: sanno distinguere tra la meta del percorso e le tentazioni che trovano sul cammino. Potevano rimanere lì, alla corte di Erode, tranquilli: No, vanno avanti “. I Magi sono riconosciuti come i rappresentanti di tutte quelle persone che si mettono in cammino, alla ricerca di qualcosa, per trovare un senso alla loro vita. Qualcuno li ha definiti ‘i pellegrini dell’infinito’, uomini e donne che dall’ oriente all’occidente sono chiamati alla salvezza. In questo giorno santo Dio rivela, non solo al popolo eletto ma tutto i popoli, il suo Figlio unigenito, per condurre tutte le genti a contemplare la bellezza della sua gloria. È proprio questa certezza che ha dato a San Paolo la forza e il coraggio di annunciare il Vangelo di Gesù ai pagani, fino agli estremi confini della terra. Scrive agli Efesini, come abbiamo sentito nella II lettura: “Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo” (3,6). “Cammineranno le genti alla tua luce” (Isaia 60,3), ha profetato Isaia nella prima lettura, in una visione di universalismo e di unità, mentre la liturgia ci invita a lodare Dio dicendo: “Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra”. Non più popoli contro popoli, nazioni in guerra, uccisioni e sopraffazioni, come stiamo sperimentando ai nostri giorni, ma pace e accoglienza.  Anche oggi, tantissime persone, uomini, donne e bambini si mettono in cammino per cercare un mondo migliore. Quanti migranti lasciano le loro terre per scappare via dalla guerra, dalle violenze e dalle povertà che li rendono disumani. E noi cosa facciamo, considerato che molti vengono anche nel nostro territorio? Qualche mese fa le istituzioni più rappresentative del territorio si sono ritrovate e con l’apporto di tutti siamo giunti ad un piano di accoglienza. Ringrazio in particolare la Comunità missionaria di Villaregia che ha messo a disposizione parte del suo fabbricato. Sembrava tutto filar liscio, ma alcune difficoltà burocratiche, che si pensava poter risolvere per deroga ad alcuni adempimenti, visto che siamo in una situazione di emergenza, stanno rallentando i tempi dell’accoglienza. Invito tutti con forza ad avere un po’ più di coraggio, insieme, perché i nostri fratelli migranti possano essere accolti subito in questa struttura.

 

Ho un sogno: che tutti i popoli e  le persone possano formare una grande processione di uomini e di donne che dai 4 angoli della terra e dai cinque continenti, illuminati dalla stella dell’amore, della solidarietà e della fratellanza, possano costruire la civiltà dell’amore, dove ogni persona, in forza delle proprie capacità e caratteristiche, abiti la casa comune, il mondo, nel rispetto del creato, della natura e dell’università delle singole culture, favorendo non solo il benessere fisico e materiale ma anche quello dello spirito e dell’anima

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Gesù, luce del mondo, riveli a tutte le genti il grande amore del Padre per l’intera umanità.  

 

Buona festa dell’Epifania e dei Popoli a tutti.

 

+ Giuseppe Pellegrini

vescovo

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