Commento al Vangelo
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Domenica 7 marzo, commento di don Renato De Zan

Gesù scaccia i mercanti dal tempio di mattoni; ma Lui è il vero tempio, l’unico luogo di incontro con Dio 

Domenica 7 marzo, commento di don Renato De Zan

07.03.2021 3a domenica di Quaresima

 

Gv 2,13-25

13 Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15 Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16 e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17 I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà. 18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19 Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20 Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. 23 Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24 Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25 e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull'uomo. Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo.

 

 

Tematica liturgico-biblica

Con la cacciata dei venditori del tempio, Gesù compie un gesto messianico e profetico. Vediamo cosa significa. Il profeta Zaccaria aveva preannunciato che il Messia avrebbe purificato il tempio dai mercanti (Zac 14,21). Compiendo questo gesto Gesù si manifesta, dunque, come Messia che adempie le profezie. Inoltre, i profeti come Amos, Isaia e Geremia - solo per citare i più importanti -, avevano contestato il culto sacrificale e avevano promosso come vero culto la ricerca di Dio e soprattutto l’ascolto della sua Parola con la messa in pratica della stessa. Gesù, dunque, si colloca sulla linea dei più grandi profeti d’Israele. C’è anche un terzo significato profondo: Nella mentalità ebraica si era fatta strada una idea sbagliata di sacrificio. Gli Ebrei pensavano che sacrificare qualche cosa a Dio significasse “dar da mangiare a Dio”. Certamente il creatore dell’universo non ha bisogno che qualcuno gli dia da mangiare (cf Sal 50, 12-13: “Se avessi fame, non te lo direi: mio è il mondo e quanto contiene. Mangerò forse la carne dei tori? Berrò forse il sangue dei capri?”). Da questo equivoco nasce una mentalità distorta. Per la maggioranza degli Ebrei “dar da mangiare a Dio” equivaleva ad “aver diritto di ottenere quanto richiesto”: io ti do, tu mi dai. Gesù, giustamente, pronuncia una frase che va molto più in là di ciò che può apparire: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. L’incontro con Dio non può avvenire nel clima del mercanteggiamento. Per questo motivo il Maestro presenta se stesso come il “luogo” di incontro con Dio. Egli è il tempio, il luogo dove l’uomo ascolta la Parola (cf l’invito celeste della Trasfigurazione, proclamato nel vangelo di domenica scorsa: “Ascoltatelo”). Geremia, infatti aveva detto che il vero culto è l’ascolto della Parola e l’obbedienza ad essa: “Io però non parlai né diedi ordini sull'olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dalla terra d'Egitto, ma ordinai loro: “Ascoltate la mia voce” (Ger 7,22-23). Si ricordi che in ebraico il verbo “shamàch” vuol dire ascoltare e anche ovbbedire.

 

Dimensione letterario

Testo biblico e testo biblico-liturgico del vangelo sono identici. La pericope della cacciata dei venditori dal tempio Gv 2,13-22) è stata associata dalla Liturgia ad un sommario (Gv 2,23-25). L’unità dei due brani è dato dal vocabolo “segno”: il segno del tempio-corpo risorto di Cristo (Gv 2,18) e i segni di Gesù che portano a “credere nel suo nome”(Gv 2,23). Il brano che ne risulta è un brano inframezzato dagli interventi del narratore (Gv 2, 17.21-22.24-25). L’episodio della cacciata dei venditori (Gv 2,13-16) si chiude con una considerazione del narratore (v. 17) che allude all’episodio come elemento che purtroppo favorirà la condanna a morte di Gesù (cf Mt 27,40). La discussione tra Gesù e i Giudei (Gv 2,18-20) si chiude con la precisazione del narratore (vv. 21-22): quando Gesù parlava della ricostruzione del tempio in tre giorni, si riferiva al tempio del suo corpo. Infine, il breve sommario (Gv 2,23) viene commentato dal narratore (vv. 24-25) che puntualizza la capacità di Gesù di leggere quello che c’è nell’uomo, come Yhwh fece con Davide (cf 1 Sam 16,7: “L’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore”).

 

Riflessione biblico-liturgica

a. La prima lettura presenta il decalogo, secondo le versione di Es 20,1-17. L’altra versione del decalogo si trova in Dt 5,6-21. La Liturgia ha voluto associare questo testo a Gv 2,13-25 per presentare il vero culto: ascoltare la parola di Dio e metterla in pratica. Un secondo motivo di questa scelta sta nel fatto che le prime letture di tutta al Quaresima B svolgono il tema dell’Alleanza. Il decalogo rappresenta le clausole più importanti dell’Alleanza.

b. Nel pensiero rabbinico il Messia veniva raffigurato come colui che doveva avere in mano il flagello, simbolo dei dolori che avrebbero inaugurato i tempi nuovi, per castigare i vizi, i peccati, le malvagità, ecc. Il gesto di Gesù, che è un’autorivelazione come Messia, si colloca non solo sulla linea profetica, ma anche sulla linea del pensiero rabbinico.

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