Commento al Vangelo
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Domenica 29 ottobre: commento di don Renato De Zan

I tre destinatari dell’amore cristiano Dio, il prossimo e se stessi

Domenica 29 ottobre: commento di don Renato De Zan

Mt 22,34-40
In quel tempo, 34 i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35 e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36 "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?". 37 Gli rispose: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38 Questo è il grande e primo comandamento. 39 Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti".
Il Testo

1. La pericope di Mt 22,34-40 è stata ritoccata dalla Liturgia con due interventi. All’inizio del testo viene cancellato l’avverbio "allora" e viene sostituito con l’incipit classico ("In quel tempo"). Il brano è facilmente suddivisibile in due parti. Una prima parte (Mt 22,34-36) presenta gli interlocutori di Gesù, i farisei, e il quesito che pongono al Maestro. Nella seconda (Mt 22,35-40), più lunga ed elaborata, c’è la risposta di Gesù. Questa risposta è articolata in quattro momenti. Nel primo (Mt 22,27) Gesù cita la seconda parte dello Shemà (Dt 6,5). Segue un secondo momento (Mt 22,38) in cui Gesù fa una annotazione. Nel terzo momento (Mt 22,39) Gesù cita Lv 19,18, facendolo precedere da una breve osservazione ("Il secondo è poi simile al primo"). Chiude la risposta (Mt 22,40) un commento del Maestro sui due comandamenti come sunto della Legge e dei Profeti.

2. Il testo di Mt 22,34-40 fa parte di una serie di diatribe che Gesù ha avuto con i responsabili ebrei. Come in precedenza (il tributo a Cesare), i farisei vogliono mettere alla prova Gesù (v. 35). Per molti rabbini non c’era alcuna differenza tra i comandamenti: tutti erano uguali e tutti dovevano essere rispettati allo stesso modo. C’era, invece, una minoranza di rabbini che gerarchizzava i comandamenti. Gesù appartiene a questa minoranza. Ma c’è un particolare. Gesù afferma che questi due comandamenti (che poi sono tre in quanto l’amore è per Dio, il prossimo e se stessi) sono l’anima e il fondamento di tutta la Legge e i Profeti. Paolo riassume parzialmente il pensiero di Gesù in Gal 5,14: "Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso". In modo più sintetico Paolo scrive in Rm 13,10: "Pienezza della Legge infatti è la carità".

L’Esegesi

1. Alla domanda insidiosa dei farisei, che consideravano un oltraggio gerarchizzare i comandamenti in quanto tutti i comandamenti (più di seicento) avevano pari forza vincolante, pari dignità, pari valore, Gesù risponde citando un testo che unisce l’atto di fede al fondamento morale: Dt 6,4-5: "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze". Gesù, dunque, vuole chiarire che la morale si fonda sulla fede . Su questo fondamento - un amore cioè che nasce dalla fede e non dall’affetto - Gesù articola i tre amori: l’amore di Dio, del prossimo e di se stessi. Dall’amore verso Dio nascono gli altri due.

2. Immediatamente dopo l’esilio di Babilonia, la teologia ebraica elaborò una serie di norme che l’ebreo doveva (e deve) adempiere nei confronti di un suo correligionario. Forse una delle norme più importanti si trova in Lv 19,18: "Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore". Il "prossimo" era un altro ebreo. Questo comandamento della scuola teologica sacerdotale nasce da Es 22,26-29, testo antico, appartenente al codice dell’alleanza (Es 20,22-23,19). All’ebreo veniva chiesto di non opprimere il forestiero, di non maltrattare le vedove e gli orfani, di non chiedere interesse sul prestito ad un ebreo, di restituire il mantello impegnato al povero quando viene sera. L’ebreo deve comportarsi così perché Dio ha avuto misericordia di Israele schiavo - liberandolo dall’Egitto - e, di conseguenza, Israele deve usare misericordia verso quelli più sfortunati del tessuto sociale. Il testo di Lv 19,18 offre come motivazione l’autorità di Dio ("Io sono il Signore").

Il Contesto Liturgico

1. La prima lettura (Es 22,20-26) riporta una serie di comportamenti "caritativi" comandati all’ebreo nei confronti del forestiero e dell’ebreo bisognosi. Il libro dei Proverbi riassume il comandamento con una breve massima: "Chi opprime il povero offende il suo creatore, chi ha pietà del misero lo onora. (Pr 14,31). Ricordiamo che questo testo è il fondamento del comandamento espresso in Lv 19,18 sull’amore del prossimo.

2. La Colletta generale, pur nella sua genericità, tocca i fondamenti della tematica evangelica. Nella petizione si chiede a Dio di aumentare nei credenti la fede, la speranza e la carità. L’obiettivo è amare ciò che Dio comanda. Nella Colletta particolare, invece, Dio viene presentato come Colui che "per amore continuamente" crea e rinnova il mondo. Nel fine della petizione il cuore libero e pacifico diventa capace di amare Dio, il prossimo e se stessi.

3. Per un approfondimento: FABRIS R., Matteo, Commenti biblici, Borla, 1982, 457-460; GNILKA J., Il vangelo di Matteo. Parte seconda, Commentario teologico del N. T., Paideia, Brescia 1991, 379-388; GRASSO S., Il vangelo di Matteo, Collana Biblica, Ed. Dehoniane, Roma 1995, 524-528; LUZ U., Matteo 3, Commentario Paideia . Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 2013, 341-361.

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