Commento al Vangelo
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Domenica 26 febbraio, commento di don Renato De Zan

L'uomo vivrà di ogni parola che esce dalla bocca di Dio

Domenica 26 febbraio, commento di don Renato De Zan

Mt 4,1-11
In quel tempo, 1 Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2 Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3 Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane". 4 Ma egli rispose: "Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". 5 Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6 e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra". 7 Gesù gli rispose: "Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo".8 Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9 e gli disse: "Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai". 10 Allora Gesù gli rispose: "Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto".11 Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Il Testo

1. Dopo il racconto del Battesimo (Mt 3,13-17) troviamo il racconto delle Tentazioni di Gesù. La formula evangelica del Lezionario ha un incipit leggermente modificato dalla Liturgia che taglia l’avverbio "Allora" e lo sostituisce con il classico "In quel tempo". Queste modifiche non creano nessun problema interpretativo: già nel testo greco di Matteo l’episodio delle Tentazione segue quello del Battesimo, ma senza un "legame" letterario tra i due.

2. Sotto il profilo narrativo, la formula di Mt 4,1-11 si apre con un preambolo (Mt 4,1-2) dove l’evangelista spiega come Gesù sia stato condotto nel deserto dallo Spirito Santo per essere tentato. Segue l’ingresso in scena del diavolo ("Il tentatore gli si avvicinò….") in Mt 4,3 cui corrisponde l’inclusione in Mt 4,11 ("Allora il diavolo lo lasciò…."). Dentro all’inclusione ci sono le tre tentazioni: quella del pane (Mt 4,3-4), quella del tempio (Mt 4,5-7) e quella dei regni e la loro gloria (Mt 4,8-10). In tutti tre i casi la costruzione letteraria è identica: "Il tentatore/il diavolo disse…" - "Egli/Gesù rispose…". Molti biblisti vedono in questa costruzione un intervento accentuato dell’evangelista.

L’Esegesi

1. S. Giacomo dice che "nessuno, quando è tentato, dica: "Sono tentato da Dio"; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno" (Gc 1,13). La tentazione, nel mondo biblico, non rappresenta l’anticamera del merito (se l’uomo resiste alla tentazione) o del peccato (se l’uomo cede alla tentazione). La tentazione è, invece, l’anticamera del rafforzamento della fede (se l’uomo resiste) o della perdita della fede (se l’uomo cede). Per noi la tentazione si colloca nell’ambito morale (meritevole - peccatore), per il mondo biblico si colloca nell’ambito della teologia (più credente - senza fede).

2. Le tentazioni subite da Gesù sono dei "modelli" delle tentazioni che ogni credente è chiamato a superare. La prima tentazione in cui il cristiano può perdere la fede riguarda la concezione dell’uomo. Concepire l’uomo come fosse solo materia ("di’ che queste pietre diventino pane") e non anche spirito ("non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio") significa collocarsi su una deriva dove la fede non ha più spazio di vita.

3. La magia è la presunzione di far fare a Dio ciò che l’uomo vuole attraverso parole o gesti che si reputano capaci di sottomettere la volontà di Dio a quella dell’uomo. Questo è ciò che il demonio chiede a Gesù, invitandolo a gettarsi giù dal tempio per costringere Dio a mandare i suoi angeli perché Gesù non precipiti. Il cristiano prega - secondo la Didaché - tre volte al giorno il "Padre nostro", dove Gesù insegnerà a dire: "Padre…sia fatta la tua volontà".

4. Il fascino del potere e della ricchezza ha una presa forte nel mondo interiore dell’uomo. Gesù, tuttavia, metterà in guardia i suoi discepoli: "Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza" (Mt 6,24). Nel testo greco c’è la trascrizione della parola aramaica "mamonà", che indica la ricchezza, ma anche il potere (politico e culturale). "I regni e la loro gloria" sono realtà al servizio dell’uomo e non realtà alle quali l’uomo serve. Adorare solo Dio rende l’uomo libero dalla schiavitù della ricchezza e del potere.

Il Contesto Liturgico

1. La prima domenica di Quaresima insieme alle altre quattro e alla domenica di Passione (o delle Palme) propone un percorso di conversione. In ogni domenica la Parola di Dio offre un capitolo. L’insieme dei capitoli, che diventerà chiaro alla fine del percorso, farà emergere un itinerario battesimale. Ciò che importa è essere fedeli, settimana dopo settimana a ciò che la Parola di Dio indica.

2. La formula eclogadica della prima lettura (Gen 2,7-9; 3,1-7) presenta l’umanità primitiva e la sua fragilità di fronte alla tentazione del serpente che offre loro il miraggio di poter essere dèi di se stessi ("Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio"). Lì dove l’umanità ha fallito, Gesù ha vinto. Questa antitesi (Adamo - Gesù) è illustrata dalla seconda lettura (Rm 5,12-19).

3. La Colletta generale presenta la Quaresima come "segno sacramentale della nostra conversione". Si tratta di un antichissimo testo, nato quando i penitenti confessavano i loro peccati il Mercoledì delle ceneri. Veniva loro imposta la penitenza, simboleggiata dalla cenere e compiuta durante tutta la Quaresima. Alla mattina del Giovedì Santo ricevevano l’assoluzione. Questo è il motivo per cui la Quaresima è "segno sacramentale" della conversione. Sempre la Colletta generale presenta anche lo scopo finale della Quaresima: crescere nella conoscenza del mistero di Cristo. La Colletta propria, invece, evidenzia la Parola di Dio come forza pe

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