L'Editoriale
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Un milione e mezzo di speranze

Quel sogno del domani che ai grandi sfugge, che sfuma per anagrafe e per crescente rassegnazione, è un germoglio fresco nei ragazzi e sa farne paladini delle cause in credono davvero. Tra queste ci sono la pace, l’ambiente, la non discriminazione, l’abbraccio al mondo (foto Vatican media / Sir)

Un milione e mezzo di speranze

Piace trattenere di questa strana estate le immagini e qualche pensiero venuti dalla Gmg di Lisbona, in cui i giovani sono apparsi festosi ma non spensierati – se si dà al termine l’accezione di eccessivamente leggeri -; al contrario si sono mostrati intensi per lo spirito con cui si sono immersi in questa esperienza di viaggio, pellegrinaggio, vita e fede. Dopo mesi di cronache di guerra che non ha tregua e colpisce chiese, granai, ospedali e civili; dopo settimane sfibranti di bufere metereologiche di un mondo che lancia Sos poco ascoltati e adesso urla tutto il suo male attraverso gli estremi climatici che ben conosciamo, assistere anche solo televisivamente alle dirette dai giovani a Lisbona ha fatto bene al cuore ed ascoltare le parole rivolte loro da papa Francesco lo ha fatto ancora di più. Non perché la gioventù si irradi in chi la guarda, ma perché parte della speranza di cui si sono rivelati intrisi in maniera forte e autentica è sembrata in quei giorni contagiosa perfino dallo schermo.

Quel sogno del domani che ai grandi sfugge, che sfuma per anagrafe e per crescente rassegnazione, è un germoglio fresco nei ragazzi e sa farne paladini delle cause in credono davvero. Tra queste ci sono la pace, l’ambiente, la non discriminazione, l’abbraccio al mondo.

La loro presenza entusiasma. Lo si è visto nello sguardo lieto del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che li ha salutati prima della partenza, lasciando loro un messaggio che è anche un compito: non avere paura dell’incontro con il lontano, il diverso, lo sconosciuto, l’altro. “La diffidenza – ha dichiarato - verso chi arriva da fuori è l’errore contro la civiltà più grande che si possa fare. Per un Paese come il nostro, che è frutto nel corso dei secoli di immigrazioni costanti, è interessante guardare a questa Giornata mondiale della gioventù. Arriverà da tutti i giovani a Lisbona un messaggio di apertura, condivisione, di fiducia in un futuro comune”. Ha visto giusto: questi giovani l’incontro lo cercano e lo vivono; lo hanno sperimentato dall’asilo all’Erasmus, mescolandosi indifferentemente alla ricerca di un domani da costruire e condividere. E’ quel domani comune nella casa comune che papa Francesco va ribadendo da tempo e che i ragazzi, nelle interviste trasmesse dalle tv e raccolte dalla stampa, hanno ben compreso. In un milione e mezzo hanno riempito il parco sul fiume Tajo per quasi ventiquattrore, sdraiati nella stessa terra, esposti allo stesso sole e alle stesse stelle: così hanno vegliato, pregato, cantato lo stesso Dio. Hanno acceso sorrisi nelle religiose e nei sacerdoti che li accompagnavano, hanno scaldato i cuori di chi la Gmg la conosce grazie alla tv.

Tra i tanti messaggi di Francesco - oltre a quelli straordinari relativi alla fede (“Dio ci chiama per nome” o “non ti aspetta col dito puntato ma con le braccia aperte come Cristo in croce”) - c’è anche l’invito ad una umanità piena, a una vita sapida di significato e di impegno. L’anziano Papa – portato in una sedia a rotelle che neanche vediamo più tanto ci è diventata familiare e anche questo è un insegnamento – non fa sconti di impegno ma neppure di sogni. E per primo li sogna maestri: “Maestri di umanità. Maestri di compassione. Maestri di nuove opportunità per il pianeta e i suoi abitanti”. E li incoraggia come un nonno: “Non abbiate paura” ma anche come Cristo stesso ha fatto con i suoi discepoli.

Questi giovani colorati e chiassosi e il papa un po’ acciaccato hanno ugualmente a cuore l’ambiente: lui con un’enciclica profetica come la Laudato Si’ e i tanti richiami successivi, loro con un’attenzione costante e l’impegno battagliero e convinto dei Friday for future, come anche di tante attenzioni concrete. Il papa li sostiene e li incoraggia sentendo che la sintonia c’è: “Prendersi cura della casa comune vuol dire non accontentarsi di semplici misure palliative o di timidi e ambigui compromessi. Le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro, in nome del progresso si è fatto strada troppo regresso”. Il presidente Mattarella ha dimostrato molta fiducia in essi; il papa ne è certo: “Voi siete la generazione che può vincere questa sfida”. Ancora di più: “Voi siete un segno di pace per il mondo. Siete la speranza di un mondo diverso”. E sono la speranza anche per tutti noi.

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