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Don Lorenzo Barro scrive da Chipene

Era tanto attesa ma ne è venuta troppa! La pioggia arriva nella missione di Chipene in Mozambico dove si trova il nostro fidei donum don Lorenzo Barro e dove presto andrà anche don Loris Vignandel. La pioggia ha però portato via le capanne di fango e trasformato le piste di terra battuta in torrenti

Don Lorenzo Barro scrive da Chipene

   A Chiepene è finalmente arrivata la pioggia… anche troppa! Tanto che, pur attesa, sta creando non pochi problemi: è stata molto abbondante, portata da una depressione tropicale che per dieci giorni ha imperversato sul nord del Mozambico. E a Chipene, tutto sommato, non è successo niente di tanto grave.
Di danni ce ne sono stati però, pesanti nella fascia più bassa della diocesi: dall’Ilha de Moçambique, per Mossuril, entrando nel distretto di Monapo, vento e pioggia hanno distrutto moltissime case e infrastrutture (vedi foto). Per giorni è mancata l’energia elettrica perché molti pali e tralicci avevano ceduto. Tante le strade sono rimaste interrotte, perché squarciate dal passaggio dell’acqua o per i ponti crollati. Il primo bilancio parla della necessità di 477 milioni di meticais (meno di 7 milioni di euro) per ripristinare le infrastrutture.
La Caritas diocesana si sta organizzando per reperire fondi e realizzare un intervento di primo appoggio alle famiglie rimaste senza casa: comprare e distribuire teli di plastica per una prima copertura di emergenza per circa 6.500.
Anche in questo caso la miseria aggrava le cose. Molte case sono costruite ancora in maniera tradizionale, con alcuni pali e canne di bambù riempite di terra. Quando prendono acqua la terra torna a sciogliersi in fango e cade tutto. Se il tetto è ben fatto tutto va bene, ma se ci si mette anche il vento è difficile salvare qualcosa.
Non esistendo pianificazione territoriale, la gente si sistema dove reputa più opportuno, senza valutare se si colloca in una bassura o in un potenziale punto di passaggio d’acqua. Il suolo è tutto molto esposto all’erosione (le strade ne pagano le conseguenze), ma il modo “normale” di guadagnare terreno alla “machamba” (al campo coltivato) fa piazza pulita di tutto lasciando il terreno nudo: significa più calore e siccità con il sole, erosione e dilavamento quando piove.
Ogni volta che vado a Nacala guardo con un sorriso una bella targa di cemento a lato della strada diretta per la “bassa”, probabilmente posta lì in tempo coloniale: “Proibito fare casa o machamba qui”. E lì c’è ormai un grande bairro della città! Tutto sulla sabbia. Immaginate che accade quando arriva una pioggia torrenziale!
don Lorenzo Barr

Don Lorenzo Barro scrive da Chipene
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