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Pasqua in Terrasanta: Patton "Pasqua è la risposta alla violenza"

Intervista al custode di Terrasanta p- Patton

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Pasqua in Terrasanta: Patton "Pasqua è la risposta alla violenza"

“La Pasqua è la risposta al clima di tensione e violenza cui stiamo assistendo ormai da tempo. Se per questo motivo dovessimo vivere la Pasqua con animo triste allora vorrebbe dire avere occhi e cuore chiusi come i discepoli di Emmaus. La Pasqua illumina proprio questo genere di situazioni”. I recenti attacchi contro i cristiani in Israele – gli ultimi in ordine di tempo sono stati, il 16 marzo scorso colpi di arma da fuoco contro una scuola e un convento di suore francescane a Nazareth, il 19 marzo, attacco terroristico di due estremisti israeliani, alla Tomba di Maria, a Gerusalemme, il 23 marzo attacco di fondamentalisti islamici al convento e alla scuola delle salesiane di Nazareth – rischiano di pesare sulle celebrazioni pasquali che si sono aperte ieri, con la Messa ‘nella Cena del Signore’ al Santo Sepolcro.

Non è d’accordo il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, che al Sir ribadisce il profondo significato della Pasqua anche in un contesto critico come quello attuale e invita a rifuggire dal “potere delle immagini” che mostrano raid aerei, forti scontri e tensioni in vari luoghi della regione.

Prospettiva nuova. “La Pasqua – spiega il francescano – non trasforma le cose difficili in facili, ma tocca in profondità e offre una prospettiva nuova per leggere quanto ci accade intorno. Essa non cancella l’esperienza del soffrire e del morire ma dona un senso diverso a queste dimensioni, ci fa passare oltre senza rimanere travolti. Celebrare la Pasqua ci permette stare dentro situazioni del genere senza arrenderci o peggio fuggire”. Parole che acquistano un senso ulteriore davanti alle difficoltà delle comunità cristiane locali che mai come in questi tempi “sentono il bisogno di non sentirsi dimenticate, o peggio abbandonate, dalla Chiesa universale”.

Appello per la Colletta. “Questo è anche il tempo in cui la Chiesa universale guarda alla Chiesa madre di Gerusalemme, non solo ai suoi Luoghi santi, intesi come edifici, ma anche alle sue pietre vive che sono le comunità cristiane locali” afferma il Custode che ricorda l’importanza della Colletta per la Terra Santa che si celebra, come ogni anno, il giorno del Venerdì Santo. Quest’anno l’attenzione è, in particolare, rivolta alle comunità siriane colpite dal terremoto del 6 febbraio scorso. La lettera ai vescovi del mondo per la Colletta, inviata dal Dicastero per le Chiese orientali, sottolinea Patton, “pone un forte accento sulla sofferenza dei terremotati”. Da qui un appello ai fedeli “ad aprire il cuore alla generosità e le mani alla solidarietà” per permettere di “rendere più accoglienti i santuari e svolgere attività pastorali e sociali e di servire una Chiesa ferita da troppi anni di conflitti e di guerre e ora anche dalla devastazione del terremoto”. “Il nostro compito di frati minori della Custodia di Terra Santa – ribadisce il Custode – è quello di prenderci cura delle pietre benedette e sante che sono i santuari e al tempo stesso delle ‘pietre vive’ che sono i cristiani locali e i pellegrini. È nostro compito – spiega– dare a tutti la possibilità di vedere e di toccare i luoghi nei quali Gesù è vissuto, morto e risorto per noi”. Per Patton, infatti, “i luoghi e le persone sono strettamente legati.

I luoghi santi donano senso di appartenenza e identità ai cristiani locali.

Questi ultimi, da generazioni, ci hanno tramandato la memoria dei santuari, vi hanno pregato e conservato anche i nomi. Qualcosa di simile è avvenuto anche in Siria: non possiamo e non dobbiamo dimenticare che dalla Siria è partita la grande missione della Chiesa. I cristiani di tutto il mondo hanno un debito con la Siria. Da qui le predicazioni, grazie a San Paolo e agli altri apostoli, si sono dirette vero l’Europa e l’Asia minore. I cristiani di tutto il mondo non devono dimenticare che hanno in Gerusalemme la loro Chiesa madre e nella Siria le loro radici”.

Tornano i pellegrini. Il clima di tensione che si respira a Gerusalemme e in altri centri dei Territori Palestinesi non sembra influire molto sui pellegrini che continuano ad arrivare in gran numero in Terra Santa. “Stiamo assistendo ad un notevole afflusso di pellegrini, come testimoniano gli alti numeri delle celebrazioni prenotate nei santuari – dichiara il Custode -. In questo primo scorcio di aprile registriamo gli stessi numeri dello stesso periodo del 2019, prima del Covid. Davvero una ripresa sorprendente”. Gli episodi di violenza non sembrano rallentare i pellegrinaggi. Spiega Patton: “Sono fatti circoscritti a determinate zone. I gruppi di pellegrini sono sempre accompagnati da guide esperte dei luoghi che sanno benissimo come e quando muoversi.  Dunque nessun rischio”.Gerusalemme, interno edicola santo Sepolcro (Foto Sir)

Pasqua, Pesach e Ramadan. “Questi di Pasqua – ricorda il Custode – per noi cristiani sono giorni speciali che ci portano al Getsemani, alla Via Dolorosa, al Calvario, al Sepolcro, al Cenacolo. Siamo nel cuore della fede cristiana. Non dobbiamo avere paura perché l’esperienza cristiana è legata a quanto accadde in quei tre giorni con Gesù: spezzare il pane, lavarci i piedi vicendevolmente, insegnarci il comandamento nuovo, trasformare una condanna ingiusta alla Croce in un atto d’amore che redime l’umanità dal male. Tutto porta al mistero pasquale che dona senso alla nostra esistenza”. Quest’anno, poi, vivere la Pasqua a Gerusalemme ha un ulteriore significato: nella città santa ebrei e cristiani festeggiano rispettivamente Pesach e Pasqua. Le date, infatti, coincidono. Gli ebrei celebrano l’esodo dall’Egitto e la liberazione dalla schiavitù, i cristiani la Resurrezione di Gesù. A festeggiare sono anche i fedeli islamici che celebrano il mese sacro del Ramadan.

“I fedeli delle tre religioni abramitiche quest’anno si ritrovano nella città santa a dare lode a Dio – dice Patton -. È in qualche modo una specie di realizzazione delle profezie che ricordano che tutti i popoli desiderano salire a Gerusalemme, per adorare il Signore”.

“Purtroppo – ammette – nel contesto attuale l’adorazione invece che avvenire pacificamente avviene, da parte di qualcuno, in modo violento. Se l’adorazione porta ad avvicinarsi a Dio, porta anche ad avvicinarsi gli uni agli altri”.

Fonte: Sir
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