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Maria, donna coraggiosa

L'umile serva che fa tremare i potenti e i loro troni

Maria, donna coraggiosa

Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla, non ha avuto buoni rapporti con le dittature. Ne ha incontrate diverse. Era ancora seminarista quando i nazisti lo condannarono ai lavori forzati. Giovane vescovo sfidò un divieto comunista celebrando una Messa davanti ai cantieri di Danzica. Il suo primate cardinal Wysztinski era già in prigione, Wojtyla si salvò andando a Roma per il conclave che lo elesse Papa.
Altre dittature le incontrò nei numerosi viaggi apostolici. Conobbe anche Pinochet che lo raggirò affacciandosi assieme alla finestra, davanti alla folla. Il Papa non la prese bene e protestò.
Accolto trionfalmente dall’Argentina dei generali, durante la celebrazione si accorse che qualcosa non andava. Il coro che cantava il Magnificat aveva saltato alcuni versetti significativi, quelli in cui la Vergine dice che il Signore rovescia i potenti dai loro troni. La giunta militare aveva capito il tono rivoluzionario che aveva il canto della giovane Maria incontrando la cugina Elisabetta che aveva già in grembo il Battista, un altro che avrebbe fatto una brutta fine per aver puntato il dito contro Erode.
Mi ha sempre colpito il fatto che il Magnificat sia ignorato o trascurato nella sua durissima forza. O edulcorato e ridotto a un dolce cantabile nelle tradizionali liturgie mariane. A rifletterci, a pensarlo prima di cantarlo dovrebbero venire i brividi agli umili e ai potenti, ai sovrani e ai ricchi.
A dire il vero non tutti i teologi hanno ignorato questo cantico ispirato e rivoluzionario. I cosiddetti teologi della liberazione ne hanno fatto un cavallo di battaglia senza però puntare sulla radicale profezia di questo manifesto sociale cristiano, pari per forza profetica alle beatitudini di Cristo che afferma l’inseparabilità della redenzione. dal peccato dalla liberazione dall’oppressione.
La rivoluzione cristiana non porta all’eversione violenta ma alla conversione dei cuori. Il cristiano ama anche i nemici e lascia la spada nel fodero.
E’ capitato che dei martiri, soprattutto delle martiri, siano andati al patibolo cantando il Magnificat.
Successe alle Carmelitane di Campiègne durante la rivoluzione francese, dalla cui vicenda George Bernanos trasse una delle più alte sacre rappresentazioni moderne: "I dialoghi delle Carmelitane".
Per tanto tempo si è data del Magnificat un’interpretazione solo spiritualistica, fuori del tempo e della storia, insistendo che la fanciulla di Nazaret fosse una creatura umile e obbediente e quindi arrendevole. Non si è detto che la ragazza vedeva il mondo con gli occhi e il cuore di Dio che sceglie gli umili e lascia i ricchi a mani vuote. I potenti di quel tempo avevano un nome, un palazzo di potere, un esercito e non tolleravano chi non dava loro ragione. Si chiamavano Cesare Augusto, Ponzio Pilato, Erode in campo civile mentre i potenti in campo religioso erano Anna, Caifa, i dottori del tempio e i gran sacerdoti.
Un bel coraggio la ragazzina nel dire che sarebbero andati a gambe all’aria!
Se i cristiani del nostro tempo guardassero la società in cui viviamo con gli occhi e il cuore della Madonna, probabilmente sarebbero meno collusi col potere e più coraggiosi nell’impegno sociale.
Siamo in Avvento, siamo in attesa della venuta del Salvatore che non è solo una statuina del presepe, ma è Cristo stesso che viene nella nostra vita e nella storia degli uomini.
La sua prima venuta è stata preceduta da due grandi "profezie sociali", quella di Giovanni Battista che non abitava nei palazzi di corte e puntava coraggiosamente il dito contro il despota rimettendoci la vita e quella di Maria che canta il Dio che sceglie gli umili e rovescia i potenti dai troni.
Amici, il Natale non è solo folclore di abeti coperti di gingilli e neppure si riduce a scenari con montagne di cartapesta e valli di muschio artificiale, ma è accogliere il Vangelo nella storia attuale. Ce lo ripetono gli ultimi papi promuovendo la riflessione sul necessario rispetto della dignità di ogni persona. Basta leggere le encicliche sociali a cominciare dalla Rerum Novarum in poi e i messaggi in occasione della giornata mondiale della pace, il primo gennaio, giunta quest’anno alla cinquantesima edizione.

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