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Maggio, il mese dei fiori

In questi giorni "la dolce catena che ci rannoda a Dio", come il beato Bartolo Longo chiama il Rosario, viene evocato in tutte le chiese del mondo, soprattutte in quelle che soffrono per la guerra, per la mancanza di generi alimentari di prima necessità. Per esempio a Erbil dove vivono migliaia dei profughi. Vedendoli portare al collo il Rosario, sorge spontaneo pensare come sia servito in ogni tempo a sentirsi popolo. Così di fronte a chi invoca Dio per fare la guerra, il nome materno di Maria viene a ricordarci che il vero Dio può solo chiamarsi amore".

Maggio, il mese dei fiori

Nell’immaginario popolare maggio è il mese delle rose, del rosario e del fioretto. Il nome maggio deriva da Maia, la dea che vegliava sul mese dei fiori. Dalla confluenza di questo elemento naturale con l’esperienza di un popolo devoto di Maria - chiamata dai Padri della Chiesa "il fiore più bello della creazione" - nasce l’abbinamento maggio-Maria. Dunque a lei che ha donato al mondo una nuova primavera, fanno riferimento i pastori e santi, come Filippo Neri e John Henry Newman, il quale intravide proprio nel tripudio della natura, il primo motivo di questa devozione. "Maggio è il mese in cui la terra esplode in tenero fogliame - egli scrive - e in cui virgulti sbocciano sugli alberi e i fiori nei giardini. Fu nel 1600 che uscirono le prime pubblicazioni sul mese di maggio. Nel 1700 si assistette alla stabile caratterizzazione di questa devozione, incoraggiata dal magistero della Chiesa al punto che Paolo VI nel 1965 le dedicò l’enciclica "Mense maio". Ma oggi che fine hanno fatto le pratiche devote di maggio, i pellegrinaggi ai santuari, i fioretti, gli altarini, l’offerta dei cuori? Soprattutto resiste ancora al vento della secolarizzazione la "Mistica corona", come Giovanni XXIII chiamò il Rosario nell’enciclica "Grata recordatio"? Sembrano infatti lontani i tempi in cui il Rosario veniva recitato nelle case, oltre che in chiesa ed era ritenuto quasi un sacramento, capace di fronteggiare i duri impegni della vita. Pio X attribuiva alla propria educazione e al Rosario che mamma Margherita usava "per tenere unita la famiglia Sarto", come diceva, spiegandone i misteri nelle lunghe notti invernali al caldo della stalla". Per non parlare di Madre Teresa di Calcutta, che affrontava il mondo intero con il Rosario in una mano e le medagliette miracolose nell’altra. Secondo i sociologi la vocazione mariana, specialmente a maggio, sta conoscendo in questi ultimi anni una ripresa; a loro dire per accorgersene basta fare quattro passi virtuali nello sconfinato e variegato mondo del web. Nuove iniziative mariane sorgono dalla creatività di associazioni e movimenti. Quali il Gam (Gioventù ardente mariana), le Missionarie dell’Immacolata di Padre Kolbe, il Movimento Focolari. E poi a smuovere le acque ci pensa, con appelli insistenti e gesti carichi di testimonianza, Papa Francesco che, raccogliendo il seme di Giovanni Paolo II e di Bemedetto XVI, offre stimoli per trovare nella Madonna un’amica, una mamma e una testimone del Vangelo. "Il Rosaro è la preghira che ha accompagnato sempre la mia vita", egli ha scritto in prefazione ad un piccolo libro di Yoannis Lahnzi Gaid, "Il Rosario, preghiera del cuore".
Ovviamente i luoghi dove il Rosario è vissuto sono i santuari, Lourdes, Fatima e, da queste parti, Motta, Castelmonte, Monteberico, ma anche alle Grazie di Udine e Pordenone, alla Madonna del Monte a Costa di Aviano ecc. Al calar della sera in molti nostri paesi la gente si trova attorno ad un capitello, ad un altarino ornato di rose e narcisi. In qualche cassetto si ritrova la corona che la nonna aveva sempre in mano e si risente la sequenza delle Ave Maria, il canto delle litanie e canti della tradizione come "Mira il tuo popolo" o "E’ l’ora che pia".
In questi giorni "la dolce catena che ci rannoda a Dio", come il beato Bartolo Longo chiama il Rosario, viene evocato in tutte le chiese del mondo, soprattutte in quelle che soffrono per la guerra, per la mancanza di generi alimentari di prima necessità. Per esempio a Erbil dove vivono migliaia dei profughi. Vedendoli portare al collo il Rosario, sorge spontaneo pensare come sia servito in ogni tempo a sentirsi popolo. Così di fronte a chi invoca Dio per fare la guerra, il nome materno di Maria viene a ricordarci che il vero Dio può solo chiamarsi amore".
Dante conclude il suo viaggio- XXXI canto del Paradiso - con la visione beata della gloria di Dio con Maria, regina dei cieli al centro della candida rosa di angeli e santi. Il tema è ripreso dal Conclio Vaticano II: "Maria, regina dei cieli, brilla ora sul peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione" (Lg n 68).

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