Commento al Vangelo
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Domenica 31 luglio, commento di don Renato De Zan

Il cristiano: la sua vita non dipende da ciò che egli possiede

Domenica 31 luglio, commento di don Renato De Zan

 

Lc 12,13-21

In quel tempo, 13 uno della folla gli disse: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità». 14 Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15 E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». 16 Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17 Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18 Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19 Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20 Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21 Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

 

 

Tematica liturgica

 

1. Gesù, quando raccomanda alla folla: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia (in greco, “pleonexia”)”, per cupidigia-pleonexia intende solo il desiderio sfrenato di ricchezze? Perché adopera l’indefinito “ogni”? Intendeva anche altro? Sì, Gesù intendeva anche altro, ma lo ha in qualche modo sfumato. Lo possiamo scoprire attraverso la letteratura paolina.

 

2. In Ef 4,17-19 la “pleonexìa” indica il desiderio insaziabile della sessualità disordinata. Il testo greco, alla lettera, dice: “Quelli, insensibili, si consegnarono alla dissolutezza per l’esercizio di ogni impurità con ogni cupidigia” (traduzione CEI: “Così, diventati insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza e, insaziabili, commettono ogni sorta di impurità”). Il concetto viene ribadito in Ef 5,3.

 

3. Oltre alla ricchezza e alla sessualità, la pleonexia comprende la cupidigia della gloria e del potere. In 1Ts 2,5-6 il discepolo di Paolo scrive: “Mai infatti abbiamo usato parole di adulazione, come sapete, né abbiamo avuto intenzioni di cupidigia (=pleonexia): Dio ne è testimone. E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo”. Adesso è più chiaro cosa sottintendesse Gesù con l’espressione “ogni cupidigia”.

 

4. In Col 3,5 troviamo scritto: “Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria”. La “pleonexia”, dunque, è equivalente all’idolatria. Si capisce meglio tale affermazione alla luce di quanto aveva detto Gesù: “Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza” (Lc 16,13). Al posto del vocabolo italiano “ricchezza”, in greco c’è “mammonà” (che indica ricchezza e potere).

 

Dimensione letteraria

 

1. La pericope del vangelo e la formula evangelica del Lezionario sono identiche. La Liturgia ha aggiunto inizialmente l’incipit solito: “In quel tempo”. La formula evangelica di Lc 12,13-21 è suddivisibile in quattro momenti. Inizialmente (Lc 12,13-15) si trova un episodio in cui Gesù rifiuta di fare da mediatore per l’eredità di due fratelli. Seguono, poi, tre prese di parola di Gesù. In Lc 12,15 si trova il primo insegnamento sapienziale contro la cupidigia, mentre in Lc 12,16-20 Gesù presenta una parabola illustrativa che nella conclusione sapienziale (Lc 12,21) si traduce in un paragone (“Così è di chi…”).

 

2. L’attante (ciò che muove il pensiero del brano) si trova nella conclusione dell’insegnamento sapienziale: “Anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Tutto il testo di Lc 12,13-21 illustra questo semplice principio, con gli ampliamente che le implicanze sottintese dall’espressione di Gesù “ogni cupidigia” comportano.

 

Riflessione biblico-liturgica

 

1. Il Qohèlet inizia il suo libro con un ritornello che poi comparirà spesso lungo la stesura del testo: “Vanità delle vanità…Anche questo è vanità”, e dimostra come l’accumulo di ricchezze e di onori sia una scelta poco saggia perché quando si muore si lascia tutto (1°lettura, Qo 1,2; 2,21-23). Luca aggiunge a tutto questo un tocco tagliente come una lama: la “plonexia” è alla fin fine un monumento all’egoismo più totale, è “accumulare tesori per sé” (Lc 12,21). Gli altri non esistono.

 

2. Purtroppo la pleonexia si accompagna ad altre caratteristiche negative: “Sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori” (Rm 1,29). C’è un rimedio? Gesù lo indica alla fine del brano: non accumulare tesori per sé, ma “arricchire davanti a Dio”. L’espressione di Gesù è stata così riletta dalla Chiesa nascente: “Facciano del bene, si arricchiscano di opere buone, siano pronti a dare e a condividere: così si metteranno da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera” (1Tm 6,18-19).

 

3. Oltre all’insegnamento fondamentale sulla cupidigia, nel testo di Lc 12,13-21 c’è un altro piccolo insegnamento. Gesù è capace di dire di “no”. Essere buoni non è dire sempre “si”. Ci sono dei momenti in cui non si può accettare di fare del bene (mettere d’accordo due fratelli) se ciò significa tacitamente approvare un non-valore (la cupidigia). Come dire: il mezzo buono viene rovinato dallo scopo cattivo.

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