Commento al Vangelo
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Domenica 23 maggio, Pentecoste, commento di don Renato De Zan

"Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio". 

Domenica 23 maggio, Pentecoste, commento di don Renato De Zan

23.05.2021 Pentecoste

 

Messa della Vigilia: Gv 7,37-39 (forma abbreviata)

Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato.

 

Messa del Giorno: Gv 15,26-27;16,12-15 (forma abbreviata)

Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera… Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà.

 

Lo Spirito e noi: testimoni di Cristo

 

Tematica liturgico-biblica

L’antica festa ebraica della mietitura (qasìr) era chiamata anche festa delle primizie (bikkurìm) o festa delle settimane (shabu‘ot). Quest’ultimo appellativo nasce dal fatto che la festa di pellegrinaggio era celebrata esattamente sette settimane dopo la festa di Pasqua (memoria dell’uscita dall’Egitto) e si faceva memoria dell’Alleanza del Sinai. Gli Ebrei di lingua greca chiamavano questa festa “Pentecosté”. La festa cristiana di Pentecoste prese questo nome per il fatto che coincise “cronologicamente” con la festa ebraica (“Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste…”: At 2,1, cf la prima lettura della messa del giorno). Mentre la festa ebraica ricordava il dono dell’alleanza, la festa cristiana fa memoria del dono dello Spirito. Gesù aveva già donato lo Spirito nel momento della sua morte (cf Gv 19,30: “Chinato il capo ‘paredoken to penuma’, trasmise lo spirito”: la traduzione italiana ha “consegnò lo spirito”; il verbo “paradìdomi” è il verbo della tradizione cristiana) e nel giorno della risurrezione (cf Gv 20,22-23: “Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati»). Il dono dello Spirito come costitutivo della Chiesa si ha, invece, nel giorno della Pentecoste. Ciò comporta la manifestazione della Chiesa al mondo come luogo in cui avviene la riunificazione di tutti i popoli, cancellando dall’umanità l’errore di Babele (cf il prefazio: “Hai effuso lo Spirito Santo, che agli albori della Chiesa nascente ha rivelato a tutti i popoli il mistero nascosto nei secoli e ha riunito i linguaggi della famiglia umana nella professione dell’unica fede”). Il dono dello Spirito segna il compimento del mistero pasquale e comporta l’inizio di quei doni, i carismi, i quali rendono la Chiesa viva testimone di Cristo per il bene degli uomini. La Liturgia ha assegnato alla solennità della Pentecoste la duplice celebrazione, quella vigiliare e quella del giorno.

 

Messa della vigilia

Nella festa dei Tabernacoli, il sacerdote ebreo andava processionalmente dalla fonte di Ghicon al tempio. Lì avrebbe versato l’acqua della fonte sull’altare. Mentre la processione camminava in mezzo alla folla prostrata in venerazione, Gesù, in piedi, lancia il suo grido di giubilo (vangelo Gv 7,37-39) : “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”. Da Gesù sgorgherà lo Spirito per coloro che credono in Lui. È iniziato il tempo dello Spirito annunciato dai profeti (Is 55,1: “Voi tutti assetati venite all'acqua”; Zc 14,8: “In quel giorno....acque vive sgorgheranno da Gerusalemme”; Ez 47,1-12: l’acqua dal tempio). La gente intuì il valore della persona di Gesù (“è un profeta”: v. 40; “è il Cristo”: v. 41). Non capì, però, il messaggio che l’evangelista, invece, spiega: il fiumi d’acqua viva rappresentano lo Spirito Santo. Le varie Collette proposte per la vigilia toccano tematiche diverse, ma capaci di esprimere in sintesi il valore del dono dello Spirito: lo Spirito opera l’unità dei popoli nel proclamare la gloria del nome di Dio (orazione dopo Gen 11,1-9); lo Spirito della Nuova Alleanza conferma nell’amore i fedeli (orazione dopo Es 19, 3-8a.16-20b); i battezzati sono guidati dallo Spirito (orazione dopo Ez 37, 1-14); i cristiani sono fatti testimoni e profeti del regno che viene (orazione dopo Gl 3, 1-5).

 

Messa del giorno

Il Paraclito (Consolatore/Soccorritore) può essere definito come lo Spirito di verità (vangelo, Gv 15,26-27;16,12-15). Il termine “verità” (in greco aletheia, in ebraico: ’emet) in ambito biblico si colloca nell’area della fermezza, della sicurezza, e dell’affidabilità. Secondo i contesti, può indicare la fedeltà, la lealtà divina, di cui l’uomo percepisce l’aspetto più concreto: un amore illimitato (cfr Gv 3,6). Lo Spirito, dunque, è lo Spirito della fedeltà amorosa di Dio.

Poiché il Consolatore/Soccorritore ha il compito di dimorare nel credente (cfr Gv 14,17), nel momento della testimonianza, la voce del credente diventa la voce dello Spirito (cf Gv 3,8). Per questo motivo la testimonianza dello Spirito e quella del credente sono una cosa sola. Il credente è chiamato a dare testimonianza a Gesù Cristo in un mondo che ha purtroppo rifiutato il Signore (vangelo, Gv 15,26-27;16,12-15). Poiché il Paraclito attua la presenza di Gesù tra i suoi, l’opposizione del mondo contro i discepoli non è altro che una opposizione del mondo contro la presenza di Gesù nella storia. La testimonianza del credente e quella dello Spirito, di conseguenza, diventano una testimonianza che smaschera la mancanza di fede del mondo. Non è ovviamente una accusa o una condanna, ma è la consapevolezza che può diventare proposta di conversione.

 

Domenica 23 maggio, Pentecoste, commento di don Renato De Zan
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