Commento al Vangelo
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Domenica 18 aprile, commento di don Renato De Zan

Gesù dimostra la sua resurrezione ai discepoli smarriti di Emmaus

Domenica 18 aprile, commento di don Renato De Zan

18..04.2021 3° domenica di Pasqua

 

Lc 24,35-48

In quel tempo, i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus 35 narravano agli Undici e a quelli che erano con loro ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. 36 Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37 Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38 Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39 Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40 Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41 Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42 Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43 egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. 44 Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45 Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46 e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47 e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni.

 

Gesù “dimostra” la sua resurrezione

 

Tematica liturgico-biblica

Con il testo evangelico di oggi, Lc 24,35-48, la Liturgia chiude il ciclo della “dimostrazione” della risurrezione di Gesù. Con domenica prossima inizieranno invece le domeniche sulla teologia del Risorto.

Con il vangelo di Pasqua (Gv 20,1-9: le bende giacenti e la Scrittura) e di domenica scorsa (Gv 20,19-31: Tommaso), la Liturgia ha posto davanti agli occhi dell’assemblea celebrante il mistero della risurrezione contemplato dalla parte dell’uomo. Per compiere l’atto di fede nella Risurrezione, all’uomo sono necessari prima di tutto la conoscenza della Scrittura, poi le “tracce” storicamente riscontrabili del Risorto, la testimonianza della comunità e l’incontro personale con il Risorto. Il brano evangelico di oggi evidenzia due dati: le “tracce” del risorto e la comprensione della Scrittura, senza la quale il mistero della risurrezione sfugge totalmente.

Alla sera del giorno della risurrezione, Gesù appare al gruppo dei suoi. Non lo riconoscono e pensano che sia un fantasma. Riconoscere il risorto non è solo questione di esperimentare la sua presenza. È molto di più. Gesù dimostra di non essere un fantasma attraverso la manifestazione delle sue ferite e attraverso il pasto assunto davanti ai suoi discepoli. Lo spavento e la paura si tramutano in gioia. Solo a questo punto Gesù completa la “dimostrazione”, facendo il biblista. Davanti all’enorme mole dell’Antico Testamento che testimonia fede e miseria del popolo eletto, Gesù guida i suoi a scoprire quanto l’Antico Testamento dica di Lui. Senza una buona conoscenza delle Scritture non si possono cogliere le “tracce” del Risorto e nemmeno tutta la realtà salvifica presente e operante nella persona stessa del Risorto.

 

Dimensione letteraria

Diversamente dal solito, il testo liturgico del vangelo odierno è stato arricchito da un incipit piuttosto complesso. Il testo evangelico originale dice semplicemente così: “Ed essi narravano agli Undici e a quelli che erano con loro ciò che era accaduto lungo la via e…”. L’incipit liturgico è invece quest’altro:

“In quel tempo, i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus narravano agli Undici e a quelli che erano con loro ciò che era accaduto lungo la via e…”. Con questo la Liturgia vuole che il testo di Lc 24,35-48 venga letto nel contesto dell’episodio di Emmaus. In tutti e due gli episodi (Emmaus: Lc 24,13-32; Gerusalemme: Lc 24,33-49) Gesù spiega il suo mistero attraverso la spiegazione della Bibbia.

Il testo è caratterizzato dalla presa di Parola di Gesù senza che altri interloquiscano con Lui. I primi tre interventi (vv. (vv. 36.38.41) hanno come tema la sua identità: egli non è un fantasma, ma ha un corpo che porta ancora i segni della passione (Lc 24,35-43). Gli altri due interventi (vv. 44.46) sono invece dedicati all’interpretazione dell’Antico Testamento (Lc 24,44-48) come ad Emmaus in Lc 24,25-27.

 

Riflessione biblico-liturgica

a. Gesù prende sul serio i dubbi (“dialoghismoi”) dei suoi discepoli. Il vocabolo greco sta ad indicare pensieri, opinioni, dubbi, dispute, mormorazioni, ecc. (cfr Lc 2,35; 9,46; Fil 2,14). Certo non è su queste basi che Gesù può inviare in missione i suoi discepoli. Attraverso due elementi, il suo corpo ancora segnato dalle ferite della morte e il cibo che assume come gli altri uomini, Gesù dimostra di non essere un fantasma. La comunità nascente, dunque, testimonia fin da subito che non ci sono equivoci. Le apparizioni non sono allucinazioni e il Crocifisso è il Risorto.

b. L’espressione evangelica “Mosè, Profeti e Salmi” non ci è molto familiare. Si tratta del modo classico adoperato dagli Ebrei, ai tempi di Gesù, per indicare tutta la Bibbia (Nel caso: tutto l’Antico Testamento). Mosè stava per Pentateuco, Profeti comprendeva parte dei libri storici (storia deuteronomistica) e i libri profetici, mentre i Salmi indicano quella raccolta che oggi viene chiamata “gli Scritti”. Gesù, dunque, per spiegare il suo mistero pasquale, prende per mano i suoi e li conduce dentro a tutte le ricchezze della Scrittura dove c’era già tutto quello che Gesù avrebbe vissuto, morte e resurrezione comprese.

 

Domenica 18 aprile, commento di don Renato De Zan
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