Commento al Vangelo
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Domenica 16 maggio, Ascensione, commento di don Renato De Zan

L’Ascensione di Gesù, da una parte sottrae il Maestro Risorto dal condizionamento della dimensione spazio-temporale, dall’altra lo pone nella situazione di essere presente e vicino a ogni uomo, in ogni luogo e in ogni tempo, perché lì dove opera un discepolo di Gesù opera Gesù stesso insieme con lui.

Domenica 16 maggio, Ascensione, commento di don Renato De Zan

16.05.2021 Ascensione

 

Mc 16,15-20.

In quel tempo, Gesù apparve agli Undici 15 e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17 Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». 19 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. 20 Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

 

Il Signore Gesù fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.

 

Tematica liturgica

L’Ascensione di Gesù al cielo (prima lettura: At 1,1-11) è profondamente legata alla missione e all’adempimento della missione che Gesù affida ai suoi discepoli (vangelo: Mc 16,15-20). A questi e ai destinatari della loro missione il Padre dona un carisma particolare (lo spirito di rivelazione: cf la seconda lettura, Ef 1,17-23). La chiesa, che dona la Parola ricevuta da Dio e si costruisce attorno ad essa, è “una” (cf  la seconda lettura alternativa: Ef 4,1-13) pur manifestandosi in molte forme (cf i vari riti liturgici riconosciuti). L’Ascensione è il ritorno di Gesù al Padre: così il Signore si è espresso con Maria Maddalena (Gv 20,17: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre  mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”). Tale, ritorno, però non è un abbandono. Gesù resta in modo misterioso con i suoi. Lo afferma chiaramente egli stesso in Mt 28,20: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Lo sottolinea l’ultimo versetto del vangelo di Marco: “Il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano” (Mc 16,20).

 

Dimensione letteraria

Il testo evangelico di Mc 16,9-20 viene chiamato dagli specialisti “la finale canonica non autentica di Marco”. In altre parole, il testo è ispirato, è cioè Parola di Dio e per questo viene detta “finale canonica” in quanto appartiene al canone. Viene detta “non autentica” perché è stata scritta da una mano che non rispecchia la mano che ha redatto il vangelo di Marco fino a Mc 16,8. Secondo degli accenni presenti in S. Clemente, l’estensore di Mc 16,9-20 potrebbe essere il sacerdote romano Aristione che ha riassunto, alla fine del sec. I, le tradizioni presenti negli altri vangeli.

L’incipit del testo evangelico odierno, Mc 16,15-20 è una sintesi di tre elementi: l’incipit liturgico (“In quel tempo, Gesù”), l’inizio del v. 14 (“apparve agli undici…”) e l’inizio del v. 15 (“E disse loro…”). Il risultato è ciò che ascoltiamo nella proclamazione: “In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse loro…”. Viene tralasciato il rimprovero di Gesù (“li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato”: Mc 16,14) e viene evidenziata la missione degli Undici. Il testo di Mc 16,15-20 è in qualche modo diviso in due parti, dall’avverbio di tempo greco “metà” (= dopo) del v. 19. Prima è riportato l’invio degli Undici in missione (Mc 16,15-18) e, dopo l’avverbio di tempo, vengono narrati l’Ascensione (Mc 16,19-20) e l’adempimento del comando dato da Gesù.

 

Riflessione biblico-liturgica

a. Gli Atti degli Apostoli evidenziano che Gesù “fu elevato in alto” perché siederà alla destra di Dio (Mc 16,19): l’espressione indica la glorificazione di Gesù e il ritorno allo stato preesistente l’incarnazione. La narrazione viene completata da una espressione molto eloquente: “una nube lo sottrasse ai loro occhi” (At 1,9). L’Ascensione, dunque, è contemporaneamente una glorificazione e una sottrazione agli occhi umani. Non è una distanziazione di Gesù dagli uomini. È una presenza diversa.

b. L’Ascensione di Gesù, da una parte sottrae il Maestro Risorto dal condizionamento della dimensione spazio-temporale, dall’altra lo pone nella situazione di essere presente e vicino a ogni uomo, in ogni luogo e in ogni tempo, perché lì dove opera un discepolo di Gesù opera Gesù stesso insieme con lui.

c. Lo scrittore sacro (Aristione ?) si è avvalso della narrazione del rapimento di Elia (2 Re 2,11-12) per descrivere l’Ascensione di Gesù: il vangelo dice “fu assunto”, sottintendendo “da Dio”. Non c’è alcun  accenno al dato cronologico dei quaranta giorni dopo la risurrezione, come invece si trova in At 1,3. Gesù asceso in cielo ha concluso la missione affidatagli, è nella gloria sua e del Padre, non abbandona i suoi, ma è sempre vicino a chi annuncia il vangelo. Per il testo marcano l’inizio della missione dei discepoli (cf Gv 20,21) coincide con il compimento della missione di Gesù.

c. L’invio in missione (Mc 16,14a.15-18) apre la buona notizia all’universalismo (cf Mt 28,16-20). L’espressione “predicare il vangelo” è un’espressione sintetica per indicare l’annuncio della persona di Gesù, ciò che ha fatto e ciò che ha detto. Il vangelo, poi, è legato al Battesimo (Mc 16,16: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”). Parola e Sacramento sono gli elementi principali in cui nasce e si manifesta la fede. Il rifiuto dell’annuncio, proposto secondo i criteri voluti da Gesù, è rifiuto di Dio che ha operato e si è manifestato nel Figlio (cf Gv 3: credere equivale a non essere giudicati; non creder equivale a essere già stati giudicati).

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