Commento al Vangelo
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Domenica 10 novembre commento di don Renato De Zan

Dopo la morte c'è la vita immortale, eterna. Lo dice Gesù nel vangelo di domenica 10: "Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui".

Parole chiave: Vedova (2), Paradiso (1), Vangelo (126), Domenica (46), Diocesi (190), De Zan (47)
Domenica 10 novembre commento di don Renato De Zan

Lc 20,27-38
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi - i quali dicono che non c’è risurrezione - e gli posero questa domanda: "Maestro, Mosè ci ha prescritto: "Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello". C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie". Gesù rispose loro: "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: "Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe". Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui".

Tematica liturgica
Andiamo verso la conclusione dell’anno liturgico. Oggi il tema è la vita oltre la morte. Domenica prossima il tema sarà la fine del mondo. L’ultima domenica, il Regno definitivo di Cristo.
Per i non credenti la vita dopo la morte o non c’è oppure è un enigma.
Per il credente la vita dopo la morte è una certezza. La riflessione filosofica può anche convalidare questa certezza, ma per il credente l’argomento fondamentale è la persona di Gesù. Egli ha affermato che la vita dopo la morte esiste ed egli stesso è risorto per non morire più. La fede biblica era arrivata alle rivelazione della vita oltre la morte attraverso la riflessione teologica sull’amore e sulla giustizia. Dio ama ogni uomo e ama per sempre. Non ci può essere un amore senza il destinatario. L’uomo, dunque, pur esperimentando la morte, vive per sempre perché destinatario di un amore che è eterno come Dio. Dio, inoltre, è colui che ristabilisce l’equità, calpestata dalla cattiveria dell’uomo sul suo simile. Purtroppo sappiamo che molto, troppo spesso la giustizia non viene data in questa vita all’uomo calpestato. Se Dio ristabilisce l’equità, esiste uno scenario, diverso dalla storia, dove Dio agisce restituendo la giustizia violata: è la vita dopo la morte.
Con il libro di Daniele (Dn 12), il profeta apocalittico formula la vita eterna con lo schema cultura della risurrezione (l’ebreo pensava che quando l’uomo muore, muore tutto; se vive dopo la morte, deve risorgere). Gli fa eco lo storico del secondo libro dei Maccabei, sempre con il concetto di risurrezione (2Mac 7). Infine il sapiente ebreo che vive in Egitto, riformula la verità della vita oltre la morte con lo schema filosofico greco, cioè attraverso il concetto dell’immortalità dell’anima (Sap 3). La verità mostrata da Gesù e vissuta da Gesù è l’insieme armonico di questi due schemi culturali: per davvero l’uomo è immortale e vive questa immortalità attraverso la risurrezione.
La verità della vita oltre la morte era una convinzione condivisa e diffusa tra gli ebrei al tempo di Gesù. C’erano solo alcune frange intellettuali come i sadducei che negavano tale verità. I sadducei costituivano al tempo di Gesù un movimento conservatore. Vi aderivano molti della classe sacerdotale e della classe nobile di Gerusalemme. Tra le altre cose negavano la risurrezione dopo la morte perché prestavano fede solo al Pentateuco come Parola di Dio. Nel Pentateuco, infatti, non si parla in modo esplicito della vita oltre la morte. Gesù, però farà emergere proprio dal secondo libro del Pentateuco tale verità.

Dimensione letteraria
Il testo biblico-liturgico (Lc 20,27-38) inizia con il solito incipit ("In quel tempo") e si ferma prima della sua conclusione letteraria naturale. Manca il testo di Lc 20,39-40 ("Dissero allora alcuni scribi: "Maestro, hai parlato bene". E non osavano più fargli alcuna domanda"). La Liturgia evidenzia il tema della vita dopo la morte e non l’approvazione dei teologi. Il testo biblico-liturgico risponde a una struttura concentrica (a - b - c - b’ - a’). Dopo una breve introduzione (Lc 20,27), i sadducei citando la Bibbia (a: Lc 20,28), argomentano con il caso dell vedova (b: Lc 20,29-32). Gesù risponde, argomentado (b’: Lc 20,34-36) e citando la Bibbia (a’: Lc 20,37-38). Al centro c’è la domanda (c: Lc 20,33). Gesù, con un argomentazione lontana dai nostri schemi mentali, dimostra che la vita olttre la morte esiste e non va concepita ome la vita storica, magari riveduta e corretta.

Riflessione biblico-liturgica
a. La vita dopo la morte ha caratteristiche che non appartengono a questo mondo: i figli della risurrezione sono "uguali agli angeli" perché "non prendono moglie né marito e nemmeno possono più morire". L’ordine sponsale-procreativo è scomparso. Celibato e verginità per la comunità cristiana sono "segno", piccolo e incompleto, di ciò che sarà la sorte di tutti nella vita eterna.
b. La legge di purità, presente nel Pentateuco, precisamente nel libro del Levitico, dichiara impuro tutto ciò che è occupato, parzialmente o totalmente, dalla morte. Se c’è qualche cosa di impuro presso Dio, questo vien contaminato positivamente da Dio e reso pieno di vita perché dio è vita assoluta. Dio non può essere il Dio dei morti. Se la Scrittura afferma che Dio "è" (oggi, non nel passato!) il Dio di Abramo, Isacco e Giaccobbe, significa che i Patriarchi sono vivi presso Dio.

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