L'Editoriale
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La Bibbia è il libro del popolo di Dio

 I credenti - diceva già Pio XII - devono leggere e pregare i testi biblici, “schivando con attenta cura quei sensi accomodatizi, escogitati da privata fantasia e stiracchiati da molto lontano, sensi che sono un abuso, anziché l’uso della divina parola”

Parole chiave: Biblista. Parola. Giornata (1), Bibbia (7)
La Bibbia è il libro del popolo di Dio

La Bibbia è il libro del popolo del Signore” (Francesco, “Aperuit illis”)

 

1. S. Girolamo, nel prologo al commento di Isaia, scriveva un qualche cosa di semplice, ma di estremamente importante per la fede cristiana: “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”. Stando così le cose è veramente povera la conoscenza di Cristo che oggi hanno diversi cristiani poiché è povera la loro conoscenza delle Scritture. È vero, tuttavia, che in questi ultimi cinque secoli il Magistero della Chiesa non ha avvicinato i cristiani alla Bibbia. È stato il Concilio Vaticano II a ripristinare il contatto tra fedeli e Parola di Dio: “Il santo Concilio esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere «la sublime scienza di Gesù Cristo » (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture” (DV 25).

 

2. “La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli” (Dei Verbum, 21). Questo insegnamento del Concilio pone “le divine Scritture” e “il Corpo stesso di Cristo” allo stesso livello di venerazione. Tale accostamento permette al Concilio di affermare che “nella sacra liturgia” è il luogo principale in cui i cristiani si nutrono sia del “Corpo di Cristo” sia della “Parola di Dio”. A completamento di quanto dice la Dei Verbum, ascoltiamo la Sacrosanctum Concilium: “Nella celebrazione liturgica la sacra Scrittura ha una importanza estrema. Da essa infatti si attingono le letture che vengono poi spiegate nell'omelia…” (SC 24)

 

3. “A conclusione del “Giubileo straordinario della misericordia” (2015-2016)avevo chiesto - dice papa Francesco - che si pensasse a «una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio, per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo»” (Lett. ap. “Misericordia et misera”, 7). Ciò è avvenuto tre anni dopo, nel giorno della memoria di S. Girolamo: “Stabilisco, pertanto, che la III Domenica del Tempo Ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio» (Francesco, Motu proprio “Aperuit illis” del 30.09 2019). Sappiamo che la Bibbia è molto ampia (per i cattolici, 73 libri; per i protestanti 66), 46 libri per l’AT e 27 per il NT. Sono tutti ispirati, cioè sono tutti Parola di Dio. I testi più importanti per i cristiani sono ovviamente i 4 Vangeli (Matteo, Marco, Luca, Giovanni).

 

4. I credenti - diceva già Pio XII - devono leggere e pregare i testi biblici, “schivando con attenta cura quei sensi accomodatizi, escogitati da privata fantasia e stiracchiati da molto lontano, sensi che sono un abuso, anziché l’uso della divina parola”. La severità del papa è chiara: nella lettura della Bibbia non c’è posto per i sensi accomodatizi, fantastici, stiracchiati e devozionistici. Qual è, allora,  il corretto modo di interpretare un testo biblico?

 

5. L’interpretazione deve tener conto prima di tutto dell’intenzione dell’autore e dell’intenzione del testo (che va anche oltre all’intenzione dell’autore). La traduzione, approvata dal magistero, non contiene errori teologici, ma non sempre rispecchia in modo perfetto il testo originale. L’ideale sarebbe leggere il testo biblico in ebraico, aramaico e greco. Ma si sa che il meglio è nemico del bene. Successivamente bisogna tener presente l’unità della Scrittura che va collocata e interpretata nella Tradizione. Infine, l’interpretazione è soggetta all’analogia della fede (a livello di fede, non c’è mai contraddizione tra Bibbia e dogmi) eal Magistero (l’ultima parola è del Magistero, non del privato): “Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione” (2Pt 1,20).

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