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Covid e influenza: passata la paura non ci si vaccina più

La campagna 2023-24, partita a ottobre, ha raggiunto la cifra non entusiasmante di 2.160000 dosi circa, che equivale a uno smilzo 10% (il 6,34% degli over 80, il 2.26% tra 70-79 anni e solo 1,18% tra 60 e 69). Regioni più virtuose sono Toscana, Emilia e Lombardia (19%, 17.3 e 15.3), Friuli 13.2%; però Marche, Sardegna e Molise denunciano poco più del 5%, mentre Campania, Calabria e Sicilia circa 2%.

Covid e influenza: passata la paura non ci si vaccina più

oltre quattro anni dall’inizio della pandemia, sempre più studi indicano il mercato cinese di Wuhan come luogo che ha dato il via alla diffusione del Covid-19. Infatti, tutte le analisi sino a oggi condotte portano in un’unica direzione: Sars-Cov-2 è frutto di un salto di specie o spillover (letteralmente traboccamento, da to spill, versare e over, sopra). Da migliaia di anni l’uomo, ciclicamente, è sottoposto all’attacco di virus provenienti da specie animali, un fenomeno del tutto naturale. A oggi circa il 60% delle malattie infettive che colpiscono l’uomo origina da salti di specie come in passato furono morbillo e tubercolosi dal bestiame, pertosse dal maiale e influenza dalle anatre. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una successione sempre più incalzante di epidemie e pandemie: HIV, Ebola, Marburg, Sars, H5N1, H1N1, Mers e Zika. Malattie queste che appartengono alla categoria delle zoonosi, infezioni dovute ad agenti patogeni che per loro natura vivono ben adattati in altre specie animali. Le zoonosi recenti però sono riconducibili al progressivo e massiccio sfruttamento degli habitat naturali di diverse specie animali, venute a stretto contatto con l’uomo.
Quando si verifica il salto di specie, il sistema immunitario del nuovo ospite è del tutto sprovvisto di risposte e così si manifesta la malattia in tutta la sua forza e in un intervallo di tempo molto ristretto. Ed è pandemia. Anche se non c’è ancora certezza su quale animale abbia permesso questo salto di specie, tutti gli indizi puntano su animali vivi, quelli venduti al mercato di Wuhan, come il procione e uccelli vari.
Ma veniamo a quest’ultimo inverno che esibisce un clima tiepiduccio e privo di entusiasmo, quasi fosse un autunno stiracchiato. Tutto bene? Pare proprio di no: infatti, l’influenza ha confinato a letto oltre due milioni d’italiani e il Covid ha rialzato la cresta nel mondo, anche se dallo scorso anno l’OMS ha ufficialmente dichiarato la fine dell’emergenza sanitaria. Ciò però non significa che il virus sia scomparso, anzi ormai è una patologia infettiva con cui dobbiamo convivere, esattamente come l’influenza. La quale ogni anno in Italia causa circa 8 mila decessi, mentre il Covid-19, nei primi undici mesi del 2023, ha già provocato oltre 9 mila morti.
E le vaccinazioni? La campagna 2023-24, partita a ottobre, a oggi ha raggiunto la cifra non entusiasmante di 2.160000 dosi circa, che equivale a uno smilzo 10% (il 6,34% degli over 80, il 2.26% tra 70-79 anni e solo 1,18% tra 60 e 69). Regioni più virtuose sono Toscana, Emilia e Lombardia (19%, 17.3 e 15.3), Friuli 13.2%; però Marche, Sardegna e Molise denunciano poco più del 5%, mentre Campania, Calabria e Sicilia circa 2%.
Quali sono le motivazioni che hanno portato a questa situazione? Secondo Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, ciò è conseguenza di una certa stanchezza vaccinale oltre che a una continua disinformazione sull’efficacia e sicurezza dei vaccini, con la tragica conseguenza che l’attuale incremento della circolazione virale viene a coincidere con il progressivo declino della copertura immunitaria in un numero sempre più elevato di anziani e fragili, aumentando inesorabilmente ricoveri ordinari e decessi. Senza scordare la pericolosità degli asintomatici che, secondo un lavoro olandese pubblicato su MedRivX, sarebbero responsabili di una trasmissibilità del virus tra il 48 e il 66%. Alle stesse conclusioni è giunto un altro studio internazionale condotto in Cina che segnalava un’origine da contatti con persone asintomatiche compresa tra il 67 e il 72%. Infine, uno studio condotto dall’Università di Padova (Vo’ Euganeo) da poco pubblicato sulla rivista Nature, precisa che più del 40% delle infezioni da Covid-19 risultano asintomatiche.
Walter Bruni, medico

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