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Un nuovo anno da vivere ed è il Centesimo

1920-2020: il Seminario compie 100 anni di vita a Pordenone

Un nuovo anno da vivere ed è il Centesimo

Non è così facile dire cosa sia il Seminario. Per i più è "la scuola dei preti", per altri è una delle tante istituzioni ecclesiastiche, per altri ancora - inutile nascondercelo - è la radice dei problemi della Chiesa. Anche tra chi lo ha abitato per anni è facile trovare pareri diversi, perché il Seminario vero e proprio sono innanzitutto le persone che lo vivono, e per questo è sempre capace di rinnovarsi e di cambiare volto.

Il Seminario è scuola, certo. Ma è anche preghiera, lavoro, fraternità, divertimento, formazione, famiglia… ed è pure fatica, dubbi, cadute e riprese.

Da un po’ di anni il Seminario è ancora di più: è scuola di preghiera per i giovani, è opportunità di formazione per gli operatori pastorali, è proposta di aggiornamento e ritiro per i sacerdoti, è luogo di incontro per tante realtà diocesane e altro ancora.

Tutto ciò si trova a Pordenone da 100 anni, come presenza forse discreta, ma certamente fedele e autorevole. Da qui il Seminario parla alla città e alla diocesi senza proclami rumorosi, ma con il suo valido e competente contributo alla formazione umana e cristiana della società.

Se il Seminario non fosse tutto ciò che abbiamo detto, festeggiarne il centenario non avrebbe granché senso. Sarebbe semplicemente una cerimonia autoreferenziale per dire quanto siamo stati bravi in questi anni, come il mondo è abituato a fare. Il monito di Gesù però - "Tra voi non è così" -  non ce lo permette. E il festeggiare non può assumere allora toni di un elogio che ci facciamo allo specchio, ma diventa memoria grata di ciò che siamo, grazie a ciò che siamo stati.

Ogni volta che cammino nel nostro parco, guardando all’imponente struttura, mi sento tanto piccolo. Quanti ragazzi hanno abitato queste stanze? Quanti insegnamenti di scuola e di vita sono stati impartiti in queste aule? Quanti uomini sono usciti sacerdoti per la nostra gente di Concordia-Pordenone? Da qui i preti sono andati ad annunciare Cristo, a servire i poveri, a dare sostegno alle famiglie e coraggio ai ragazzi. Da qui sono usciti preti che hanno evangelizzato popoli lontani, che hanno donato i sacramenti, che hanno testimoniato una vita intera che Dio è amore, che hanno insegnato a pregare, come Gesù ha fatto con i suoi.

Ecco, l’anno giubilare che apriamo in questi giorni vuole essere una lode a Dio per tutto ciò. Lo ringraziamo per il bene che abbiamo potuto fare, per le attenzioni ricevute da tanti, per la vicinanza della nostra gente. Lo ringraziamo per tutte le volte in cui ci ha guardato con particolare benevolenza. Così il festeggiare, lontano da toni mondani, si trasformerà in fiduciosa supplica al Signore che continui a guardarci con amore e predilezione. Ogni incontro vissuto e ogni passo condiviso si trasformeranno allora in Grazia e ci ricorderanno che il senso della nostra esistenza e della nostra missione ha orizzonti ben lontani. Ci diranno che non abbiamo camminato invano perché non abbiamo camminato da soli. Il Signore ci ha portati in braccio per tutto il cammino fin qui fatto.

Fonte: Redazione Online
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