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Donne così fragili, così generose: non c’è niente da festeggiare

Il racconto

Donne così  fragili, così generose: non c’è niente da festeggiare

 

Mimose gialle erano regalate anche se andavi a fare la spesa: un gesto gentile del commerciante? NO, diciamo la verità, anche perché se ci fosse veramente una parità di genere dovrebbe esserci anche una mimosa blu da regalare ai maschi in un altro giorno.

Più in là una Panchina rossa: un invito a sedersi? No, il ricordo dell’uccisione di una donna per mano di un uomo, quasi sempre di un fidanzato, di un marito, di un compagno, di un ex fidanzato, di un ex marito, di un ex compagno. Guardiamoci bene attorno "la panchina blu" nessuno ancora l’ha messa. Perché? Perché il femminicidio colpisce noi donne, pare che il coltello in mano ad un uomo stia diventando un problema serio.

Non c’è proprio niente da festeggiare.

Ci mancava anche che nell’attuale governo le donne ministro fossero così poche!

Ci mancava ancora che il Covid, che ha il potere di far uscire tante fragilità del nostro Paese, facesse sì che migliaia di donne che lavorano a nero come colf e badanti venissero velocemente "messe in regola". Tutti sanno che il lavoro nero popola tutto il nostro paese, non tutti forse sanno quanto popola il nostro territorio! Anni fa l’autorevole rivista "Rocca", della Pro Civitate Christiana di Assisi, pubblicava un articolo di Rossella De Leonibus dal titolo "Prima che sia troppo tardi" per suggerire percorsi di prevenzione per aiutare le vittime di violenza di genere e invitava a

1. riconoscere la violenza e uscire dall’impotenza

2. entrare nel mondo delle icone di genere, decostruirle e fondare nuovi ordini simbolici

3. demercificare il rapporto col corpo della donna

4. sostenere l’autonomia economica della donna perché fondamentale per darsi una vera soggettività

5. costruire un diverso modo di stare al mondo tra uomini e donne dove le differenze sono rispettate.

A chiare lettere ricordava il turismo sessuale dove gli uomini italiani hanno un triste primato e (sicuramente prima del Covid) 80.000 uomini italiani, in prevalenza tra i 25 e i 35 anni, vanno ogni anno in Kenia, Santo Domingo, Brasile per sperimentare un’esperienza trasgressiva e violenta con ragazzine di meno di 14 anni. Qualcuno ha il coraggio di dire perché lì c’è offerta, ma mi pare di ricordare che il mercato è anche sostenuto dalla domanda.

In Italia il Covid sta penalizzando il lavoro femminile, ce lo dicono spesso i telegiornali. La dequalificazione del lavoro femminile è tuttora accettata, poi se hai il coraggio di dire che avrai dei figli, sognati di trovare un lavoro.

La filosofa Kate Millet ebbe il coraggio di scrivere "Per quanto mascherato possa risultare nel suo aspetto attuale, il dominio sessuale prevale, nonostante tutto, come l’ideologia più diffusa della nostra cultura e ne costituisce il concetto base di potere. Questo perché la nostra società, come tutte le altre civiltà storiche è un patriarcato".

E allora che fare? Fare la festa delle mimose e le processioni con tanti lumini dopo un femminicidio? No, non serve, soprattutto non incide nel pensiero dominante.

È urgente un cambiamento di cultura che può passare solo attraverso un enorme lavoro volto a riproporre l’educazione alla relazione fra i generi e formare all’espressione responsabile delle proprie emozioni e alla gestione non violenta dei conflitti.

Si tratta di andare dai neo genitori, entrare nelle famiglie, nelle scuole, nelle chiese, nelle società sportive, nelle agenzie formative, nelle università, nei luoghi di lavoro e di volontariato, nei tribunali e nei posti di polizia, negli uffici della sanità e delle politiche sociali, con uno sforzo enorme, per attirare l’attenzione di tutti al tema dell’educazione alle relazioni tra i generi, il genere maschile e il genere femminile entrambi con pari dignità, entrambi voluti nel progetto di Dio creatore, entrambi necessari alla continuità della specie umana. Ma accanto bisogna di nuovo educare all’espressione responsabile e non violenta delle proprie emozioni, cosa possibile ma non spontanea.

Preoccupa il fenomeno delle "baby-gang" a dire di come le emozioni e le rabbie represse possono diventare violenza (vedi l’ultimo ragazzino accoltellato).

Purtroppo arrendiamoci al fatto che ci sono millenni da recuperare. Beppe Pavan scrisse che c’è "una guerra mondiale contro le donne" e ad osservare bene la storia e la cronaca dobbiamo dargli ragione.

Arrendersi, coprire il tutto con un rametto di mimosa o una panchina? No grazie.

Fonte: Redazione Online
Donne così fragili, così generose: non c’è niente da festeggiare
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