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Domenica 24 luglio: seconda Giornata mondiale dei nonni e degli anziani

"Avere qualcuno da attendere può cambiare l’orientamento delle giornate di chi non si aspetta più nulla di buono dall’avvenire"

Parole chiave: Solitudine (2), Papa Francesco (201), Anziani (19)
Domenica 24 luglio: seconda Giornata mondiale dei nonni e degli anziani

Carissima, carissimo!
Il versetto del salmo 92 «nella vecchiaia daranno ancora frutti» (v. 15) è una buona notizia, un vero e proprio “vangelo”, che nella II Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani possiamo annunciare al mondo. Esso va controcorrente rispetto a ciò che il mondo pensa di questa età della vita; e anche rispetto all’atteggiamento rassegnato di alcuni di noi anziani, che vanno avanti con poca speranza, senza attendere nulla dal futuro.
A molti la vecchiaia fa paura. La considerano una sorta di malattia con la quale è meglio evitare ogni tipo di contatto: i vecchi non ci riguardano – pensano – meglio che stiano il più lontano possibile, magari insieme tra loro, in strutture che se ne prendano cura e ci preservino dal farci carico dei loro affanni. È la “cultura dello scarto”: quella mentalità che, mentre fa sentire diversi dai più deboli ed estranei alla loro fragilità, autorizza a immaginare cammini separati tra “noi” e “loro”.
Ma, in realtà, una lunga vita – così insegna la Scrittura – è una benedizione, e i vecchi non sono reietti dai quali prendere le distanze, bensì segni viventi della benevolenza di Dio che elargisce la vita in abbondanza. Benedetta la casa che custodisce un anziano! Benedetta la famiglia che onora i suoi nonni!
La vecchiaia, in effetti, è una stagione non facile da comprendere, anche per noi che già la viviamo. Nonostante giunga dopo un lungo cammino, nessuno ci ha preparato ad affrontarla, sembra quasi coglierci di sorpresa. Le società più sviluppate spendono molto per questa età della vita, ma non aiutano a interpretarla: offrono piani di assistenza, ma non progetti di esistenza. (...) Da una parte siamo tentati di esorcizzare la vecchiaia nascondendo le rughe e facendo finta di essere sempre giovani, dall’altra sembra che non si possa far altro che vivere in maniera disillusa, rassegnati a non avere più “frutti da portare”.
(...) La consapevolezza che le forze declinano o l’insorgere di una malattia possono mettere in crisi le nostre certezze. Il mondo - con i suoi tempi veloci con cui fatichiamo a tenere il passo – sembra non lasciarci alternative, ci porta a interiorizzare l’idea dello scarto. Così sale al cielo la preghiera del salmo: «Non gettarmi via nel tempo della vecchiaia, / non abbandonarmi quando declinano le mie forze» (71,9). Ma lo stesso salmo ci invita a continuare a sperare: venuta la vecchiaia e i capelli bianchi, Egli ci darà ancora vita e non lascerà che siamo sopraffatti dal male. Confidando in Lui, troveremo la forza per moltiplicare la lode (cfr vv. 14-20) e scopriremo che diventare vecchi non è solo il deterioramento naturale del corpo o lo scorrere ineluttabile del tempo, ma è il dono di una lunga vita. Invecchiare non è una condanna, ma una benedizione!
Dobbiamo, per questo, vigilare su noi stessi e imparare a condurre una vecchiaia attiva anche dal punto di vista spirituale, coltivando la nostra vita interiore attraverso la lettura assidua della Parola di Dio, la preghiera quotidiana, la consuetudine con i Sacramenti e la partecipazione alla Liturgia. E, insieme alla relazione con Dio, le relazioni con gli altri: anzitutto la famiglia, i figli, i nipoti, ai quali offrire il nostro affetto pieno di premure; come pure le persone povere e sofferenti, alle quali farsi prossimi con l’aiuto concreto e con la preghiera. Tutto questo ci aiuterà a non sentirci meri spettatori nel teatro del mondo, a non limitarci a “ balconear”, a stare alla finestra (...) saremo come “olivi verdeggianti nella casa di Dio” (cfr Sal 52,10), potremo essere benedizione per chi vive accanto a noi.
La vecchiaia non è un tempo inutile in cui farci da parte tirando i remi in barca, ma una stagione in cui portare ancora frutti: c’è una missione nuova che ci attende e ci invita a rivolgere lo sguardo al futuro. (...)
Noi, nonni e anziani, abbiamo una grande responsabilità: insegnare alle donne e gli uomini del nostro tempo a vedere gli altri con lo stesso sguardo comprensivo e tenero che rivolgiamo ai nostri nipoti. Abbiamo affinato la nostra umanità nel prenderci cura del prossimo e oggi possiamo essere maestri di un modo di vivere pacifico e attento ai più deboli. La nostra, forse, potrà essere scambiata per debolezza o remissività, ma saranno i miti, non gli aggressivi e i prevaricatori, a ereditare la terra (cfr Mt 5,5).
(...) Care nonne e cari nonni, care anziane e cari anziani, in questo nostro mondo siamo chiamati ad essere artefici della rivoluzione della tenerezza! Facciamolo, imparando a utilizzare sempre di più e sempre meglio lo strumento più prezioso che abbiamo, il più appropriato alla nostra età: quello della preghiera. «Diventiamo anche noi un po’ poeti della preghiera" (...) Possiamo essere «la “corale” permanente di un grande santuario spirituale, dove la preghiera di supplica e il canto di lode sostengono la comunità che lavora e lotta nel campo della vita».
Vi invito ad annunciare questa Giornata nelle vostre parrocchie e comunità; ad andare a trovare gli anziani più soli, a casa o nelle residenze dove sono ospiti. Facciamo in modo che nessuno viva questo giorno nella solitudine. Avere qualcuno da attendere può cambiare l’orientamento delle giornate di chi non si aspetta più nulla di buono dall’avvenire; e da un primo incontro può nascere una nuova amicizia. La visita agli anziani soli è un’opera di misericordia del nostro tempo!
Francesco

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