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La storia non conosce fermate

I cambiamenti di stile di vita nel corso di secoli, millenni, sono stati sempre determinati da rivolgimenti improvvisi, eventi imprevisti. Il coronavirus si iscrive in questi rivolgimenti epocali.

La storia non conosce fermate.
Nel suo grande libro, sta scritta una potenza infinita.
I cambiamenti di stile di vita nel corso di secoli, millenni, sono stati sempre determinati da rivolgimenti improvvisi, eventi imprevisti: non solo guerre, ma anche rivoluzioni pacifiche, come la scoperta della scrittura, l’avvento delle macchine nella produzione industriale, il trasporto di persone e cose via mare e via aerea.
Il coronavirus si iscrive in questi rivolgimenti epocali, che determinano o determineranno un cambio di rotta per l’intera umanità.
A volte, occorre che l’uomo perda il controllo di vari tipi di movimenti nell’universo e perda anche la capacità di bloccare questi rivolgimenti della storia, per poi riprenderlo in modo nuovo e prima impensato.
Nonostante l’abbondante letteratura di cui disponiamo dell’antichità, sia quella latina e greca che ben conosciamo sia quella messicana dei maia e degli aztechi, o quella cinese dei ming, nonostante i passi avanti compiuti dalla scienza e dalla tecnica, nonostante sembrasse che l’uomo avesse raggiunto il massimo della conoscenza possibile, ancora una volta troviamo qualcosa di nuovo che ci ha colto di sorpresa, cercando apertamente di colpirci.
Nessuno sa dire ancor oggi cosa sia avvenuto alcuni mesi fa, nessuno ha ancora capito l’origine e la composizione di questo virus letale, ma nello stesso tempo ne abbiamo subito i risultati drammatici.
Effetti drammatici che hanno palesato tanti problemi latenti della storia del nostro tempo.
Cominciamo da quella irrefrenabile frenesia della vita moderna.
Abbiamo dovuto reimparare a fare le cose con calma, una alla volta, mettendo da parte la fretta in nome della sicurezza.
Ora cogliamo di nuovo il valore del tempo.
Questa pandemia ha lasciato sulla propria strada di morte molte persone, ma ha dato una scossa a tutte le altre.
Il cambiamento di vita comporta un cambiamento economico epocale, che va dalla revisione delle priorità, del modo di soddisfare i bisogni dell’uomo, alla produzione, al lavoro, al consumo.
Un virus microscopico sta mettendo in ginocchio l’economia, specie quella italiana, frammentata in tante piccole aziende, solitamente con un debito elevato.
Questo cosa significa? Vogliamo dire che le imprese piccole sono per loro natura meno solide delle altre in caso di crisi, e ancora meno solide se molto indebitate: basta un soffio per buttarle giù.
In Italia, ci dicono gli economisti, prevale questa combinazione pericolosa in caso di crisi improvvise: imprese piccole che hanno un grande debito.
Se quindi la pandemia ferma o rallenta la produzione, le difficoltà si sommano: quella di pagare i lavoratori e i costi fissi e quella di pagare le rate del debito.
Le imprese italiane in questo momento storico sono in uno stato di debolezza proprio perché non possono arginare in tempi brevi le conseguenze della chiusura da pandemia, non possono prevedere tutte le variabili che ancora si profileranno all’orizzonte.
Uno dei temi più gravi della storia contemporanea è il lavoro, e dunque tutte le azioni dell’essere umano devono essere dirette al recupero di questa dimensione della vita.
Occorre riorganizzare il rapporto tra politica ed economia.
L’economia non può essere soltanto costituita da azioni di do ut des, ma deve necessariamente essere guidata dalla politica e non lasciata selvaggiamente a se stessa.
In altre parole, un’economia etica a favore dell’uomo e non contro, come ci ricorda Papa Francesco, che superi la cultura “usa e getta”, non solo dei consumi e dei rifiuti, ma delle persone stesse.

La storia non conosce fermate
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