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In Europa le culle sono vuote vuote

Le culle sono spesso, troppo spesso, vuote. Situazioni che interessa ormai, in modo sempre più omogeneo, tutta la vecchia Europa. E l'Italia naturalmente non fa eccezione. La denatalità già oggi ci obbliga a ripensare il nostro presente. Per no parlare del nostro futuro.

In Europa le culle sono vuote vuote

L'amore dà sempre vita. Si apre con queste parole di Papa Francesco il messaggio del Consiglio Episcopale permanente in occasione della 40ª Giornata per la Vita che si celebra il 4 febbraio 2018. Questa volta ha per tema: "Il Vangelo della vita, gioia per il mondo". La vita è dono di Dio e compito dell’uomo"(…). Un dono "legato alla stessa Rivelazione cristiana" e "oggetto di richiesta nella preghiera dei discepoli".
I vescovi denunciano i segni negativi della cultura attuale "chiusa alla relazione, all’incontro" che punta sulla ricerca esasperata di interessi personali di parte nelle aggressioni contro le donne, nell’indifferenza verso i poveri,  migranti, nelle violenze contro la vita dei bambini dal concepimento alla poca cura verso gli anziani.
Questa giornata, ribadendo la sacralità della vita, dovrebbe sollecitare i credenti nel contestare la cultura corrente, pseudo libertaria secondo la quale l’uomo si ritiene padrone della vita e può negarla ai nascituri e può toglierla con l’eutanasia agli anziani.
Il tema, la vita è bella notizia per l’umanità, stride con i dati dell’Istat secondo cui le nascite sono in forte calo. I sociologi cominciano a preoccuparsi. Di anno in anno l’Italia invecchia e con lei l’intera Europa.
Un noto quotidiano titolava così il paginone che riportava le statistiche demografiche: "Le culle vuote, per l’Europa una bomba ad orologeria". E chiosava: "L’impoverimento di giovani rispetto agli anziani è il contrario del progresso di una società e ne segna il declino".
In Italia, nell’arco di 9 anni, dal 2008 al 2017, le nascite sono diminuite di 120mila unità. Le cifre impressionano ancor di più tenendo conto che gli le coppie di origine italiana sono meno prolifiche di quelle venute da altri Paesi.
Il fenomeno deriva soprattutto da due fattori: le donne tendono a ritardare i tempi della maternità, molte hanno il primo figlio dopo i trent’anni. E pochi sono i bimbi nati all’interno del matrimonio. Ci si sposa sempre meno sia in chiesa che i comune. Dal lessico corrente sono spariti i termini fidanzati e sposi. Non ci sono più i morosi e le morose. Nessuno si presenta più come marito o moglie, si parla solo di compagna e compagno. Di vincolo indissolubile parlano solo i preti o i comici come battuta.
Presentando questo messaggio alla stampa mons. Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, è andato dritto alla radice del problema: "Il bambino che viene alla luce ha bisogno di una casa, di una mamma e di un papà che, volendosi bene, lo accolgano e ne accompagnino la crescita. L’uomo è un essere sociale, Dio non l’ha creato single, ma coppia, uomo e donna, fatti l’uno per l’altro. E dall’amore di coppia vengono alla luce nuove creature. Il grande male della nostra società è l’individualismo, siamo tanto centrati sull’io che ci dimentichiamo di essere anche noi. L’uomo d’oggi pensa di essere solo, al centro dell’universo, vede nelle relazioni familiari e sociali solo dei condizionamenti alla propria autonomia. Sbiadisce il sensi di appartenenza alla famiglia, alla comunità, alla società. L’uomo d’oggi è povero di memoria e di speranza. Non pensa che la vita è dono d’amore che viene dai genitori, dai nonni, dai bisnonni, di tanti avi di cui s’è persa la memoria ma vivono nel suo dna. La vita umana, ogni vita viene da lontano, da secoli di storia, richiede uno sguardo ampio sul passato e proteso al futuro. L’inverno demografico derica da un deficit di speranza, da una frustrazione nella capacità di sognare una società migliore, dove ogni persona abbia la propria dignità e e possa realizzarsi.
Per questo ogni bebè che viene al mondo è vangelo, notizia sorprendente, prospettiva di futuro. E’ anche affermazione che non esiste solo l’io. Ogni uomo è unico. Singolare ma è anche famiglia, parentela, società. Nasce un bimbo e insieme nasce una mamma un papà, dei nonni, degli zii, dei cugini. Ecco perché la responsabilità di un figlio è condivisa da tutti, da Dio Padre per primo che ci affida la nuova vita come un dono. Non basta mettere al mondo una creatura ma di essa dobbiamo prenderci cura assieme, accompagnarla nella crescita in famiglie dove ci si prende cura gli uni degli altri. E’ proprio l’ultimo arrivato che ci porta a diventare più famiglia, a curare i rapporti di parentela, a sentirci parte della conunità cristiana che lo accoglie nel Battesimo e di quella civile in cui il neonato crescerà in vari contesti: scuola, lavoro. Cittadinanza come soggetto con diritti inalienabili e doveri sociali.

Fonte: Redazione Online
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