Commento al Vangelo
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Domenica 2 febbraio, commento di don Renato De Zan

Simeone manifesta la missione del Bambino: egli è "salvezza" perché è il Servo di Yhwh, il quale prenderà su di sé i peccati degli uomini, morirà per poi risorgere

Parole chiave: Presentazione di Gesù al tempio (1), Vangelo (126), Diocesi (190), De Zan (47)
Domenica 2 febbraio, commento di don Renato De Zan

Lc 2,22-40
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: "Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele". Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: "Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione- e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori". C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Tematica liturgica
Nel finire del sec. IV d.C., la suora spagnola Egeria testimonia che a Gerusalemme c’era la festa dell’Ipapante (incontro), chiamata poi in occidente "la presentazione di Gesù al tempio". Il clima della celebrazione era di grande gioia. L’uso delle candele (Candelora) compare verso la metà del sec. V. La festa veniva celebrata il 14 Febbraio (quaranta giorni dopo l’Epifania). Dalla Palestina la festa passa a Costantinopoli, dove assume un valore anche penitenziale. Solo sul finire del sec. VII, la festa viene accolta dalla liturgia romana che, però, la colloca al 2 Febbraio (quaranta giorni dopo il Natale). Nel sec. IX passa a Milano e nel sec. XI alla liturgia ispanica. A Roma c’era la processione che giungeva a Santa Maria Maggiore e che aveva carattere penitenziale (molti partecipavano a piedi scalzi e c’era l’uso delle candele). Il Venerabile Beda dice che tale processione che ripercorreva il tragitto dei Lupercali era una riparazione ai peccati del pesante carnevale pagano. Oggi diversi storici negano tale accostamento perché nel sec. VII i Lupercali erano quasi in disuso, la data era più tarda (15 Febbraio) e il percorso del carnevale era diverso da quello della processione. La festa cristiana voleva celebrare l’offerta del Bambino al tempio e l’incontro con Simeone che riconobbe nel Bambino il messia promesso. Oggi il clima della festa è un clima gioioso. La benedizione e la processione delle candele ruota attorno al tema "Gesù, luce che rivela il Padre ai pagani e gloria del popolo d’Israele". La Messa, invece, sottolinea il tema della presentazione di Gesù al tempio e dell’azione divina sui credenti perché anch’essi, con l’animo purificato, siano presentati a Dio (Colletta). Il Verbo è la luce vera quella che illumina ogni uomo. Lo dimostra attraverso la sua incarnazione (essere uomo per gli uomini), attraverso la manifestazione come stella di Giacobbe che illumina gli uomini (cfr l’incontro con i Magi) e attraverso la manifestazione come "luce delle genti" (cfr Lc 2,22-40). Il Signore compie l’incontro (ipapante) con l’umanità, rappresentata dal vecchio Simeone e da Anna, in braccio a sua madre Maria e accompagnato da Giuseppe (cfr la preghiera processionale, precedente la benedizione dei ceri). Accogliendolo, l’umanità riceve in dono la salvezza e la vita eterna.

Dimensione letteraria
Il testo biblico e quello biblico-liturgico del vangelo sono uguali. La Liturgia propone il testo lungo, Lc 2,22-40, e il teso breve, Lc 2,22-32 (viene soppresso Lc 2,33-40, il testo che narra la benedizione di Simeone a Maria, l’episodio della vecchia profetessa Anna e il ritorno a Nazaret). Il legame con la prima lettura (Ml 3,1-4) suggerisce di evidenziare due dati. Il Messia, in adempimento alla profezia di Malachia, entra nel tempio per prenderne possesso e per rendere l’umanità capace di offrire un nuovo tipo di culto. La lettura di Lc 2,22-40, guidata dal contesto liturgico, vede nel testo evangelico una suddivisione in quattro momenti: l’arrivo a Gerusalemme (Lc 2,22-24), l’incontro con Simeone (Lc 2,25-35), l’incontro con Anna (Lc 22,36-38) e l’epilogo (Lc 22,39-40).

Riflessione biblico-liturgica
L’espressione "luce per illuminare le genti" è legata a Is 49,6 (2° carne del Servo). Dio si rivolge al Servo, dicendo: "Ma io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra". Simeone, dunque, manifesta la missione del Bambino: egli è "salvezza" perché è il Servo di Yhwh, il quale prenderà su di sé i peccati degli uomini, morirà per poi risorgere (cfr il quarto carme del Servo: Is 52,13-53,12). Di questa missione del Figlio sarà partecipe primaria la Madre: "E anche a te una spada trafiggerà l’anima" (Lc 2,35).

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