Commento al Vangelo
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Domenica 16 febbraio, commento di don Renato De Zan

La nuova legge dell'amore supera e vince la legge codificata dell'Antico Testamento

Parole chiave: Vangelo (126), Diocesi (190), Legge (14)
Domenica 16 febbraio, commento di don Renato De Zan

Mt 5,17-37 (testo riassunto)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento… Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti…. sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non ucciderai;… Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio… Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono… Avete inteso che fu detto: "Non commetterai adulterio". Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio.…. Fu pure detto: "Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio". Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: "Non giurerai il falso…". Ma io vi dico: non giurate affatto…Sia invece il vostro parlare: "sì, sì", "no, no"; il di più viene dal Maligno".

Tematica liturgica
"Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento….". Con questa affermazione Gesù offre la chiave per comprendere quali siano i legami tra l’Antico Testamento e il Nuovo. Il verbo greco che trasmette il pensiero di Gesù è il verbo pleròo. Nel contesto matteano potrebbe significare tre cose: osservare pienamente (nel senso di adempiere ai precetti), completare (nel senso di portare a termine qualche cosa di incompleto), attuare (nel senso di fare ciò che era stato annunciato). Senz’altro tra questi tre significati (osservare pienamente, completare, attuare) vanno accolti gli ultimi due e va senz’altro scartato il primo. Perché va scartato il primo? Gesù viene presentato dai vangeli come uno che non sempre osserva la Legge. Viola ripetutamente il sabato e insegna ai suoi a fare altrettanto (cfr Mt 12,1-14). Non osserva il digiuno (cfr Mc 2,18). Non osserva i riti di purificazione (cfr Mc 7,1). Si pronuncia contro ciò che la Legge prescrive per il giuramento, per il ripudio, ecc. Gesù, dunque, non osserva pienamente la Legge (l’espressione "chi trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi" non riguarda la precettistica dell’A.T., ma quanto deriva dall’insegnamento che Gesù sta per fare). Il Maestro, dunque, è venuto a "dare compimento" alla "Legge e ai Profeti" nel senso che è venuto sia a completare ciò che era incompleto e ad adempiere ciò che la Legge e i Profeti avevano profetizzato. Se da una parte il decalogo è una legge morale non completa (manca, per esempio, il precetto del perdono e dell’amore anche verso i nemici) che aveva bisogno di essere completata, dall’altra il mondo profetico, per bocca di Geremia, aveva annunciato che con la nuova alleanza la legge sarebbe stata scritta nel cuore delle persone, non nelle lastre di pietra. Uno dei testi più semplici per comprendere questo compimento è Mt 5,17-48, brano dal quale viene scelto il vangelo odierno, Mt 5,17-37. Gesù traduce il suo insegnamento in esempi. Presenta un passato che non può essere continuato: o va superato (omicidio, adulterio) o va addirittura abbandonato (ripudio, giuramento). In antitesi al passato il Maestro pone la sua parola, la sua autorevolezza, la sua persona come fonte della morale del discepolo cristiano. Nell’espressione "ma io vi dico" c’è tutta la forza della buona novella. È il legame profondo con Gesù che porta all’obbedienza a quanto egli dice. La novità sta nel fatto che il libro fondamentale della morale cristiana non è un libro. E’ la stessa persona del Maestro.

Dimensione letteraria
Il testo evangelico proclamato dalla Liturgia, Mt 5,17-37, fa parte di due testi biblici. Il primo, Mt 5,17-19, enuncia il principio del compimento. Il secondo testo, Mt 5,20-37, contiene le antitesi "vi fu detto / ma io vi dico". Il testo delle antitesi comprende Mt 5,20-48. La Liturgia ha preferito suddividere questo testo in due parti. La prima (Mt 5,20-37), viene letta oggi, mentre la seconda (Mt 5,38-48) costituirà il vangelo di domenica prossima. Il testo biblico liturgico di Mt 5,17-37 è introdotto da un incipit liturgico ampio per chiarire il mittente e i destinatari ("In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli"). Si può suddividere in due parti: il principio (Mt 5,17-19) e la prima parte delle antitesi (Mt 5,20-37).

Riflessione biblico-liturgica
a. La forte esemplificazione delle antitesi pone la parola di Gesù, la sua autorevolezza e la sua persona come fonte della morale del discepolo cristiano.
b. Gesù, nelle esemplificazioni, si esprime per paradossi. Si tratta di modi di esprimersi che fanno riflettere molto perché presentano la verità estremizzata all’assurdo.
c. Mt 5,32 è ancora oggi un testo discusso ("Chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio…"). La traduzione italiana ha scelto la soluzione data dai Padri ("eccetto il caso di unione illegittima"). Ma non è l’unica interpretazione.

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