Pordenone
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Diversi Pordenonesi impegnati in zona rossa

Anche un medico militare della Brigata Ariete tra gli ufficiali medici che l'esercito ha inviato a supporto della sanità lombarda

E’ una situazione di drammatica emergenza quella che si è verificata a causa del contagio da COVID 19, ma l’Italia ha saputo mobilitare le sue forze migliori: volontari, operatrici della Croce Rossa, della Protezione civile, infermieri, operatori sanitari, medici, istituzioni. Tutti in prima linea. E anche le persone che sono a casa forzatamente e che si attengono alle prescrizioni delle istituzioni dimostrano coscienziosità e buona volontà.
Non è facile per coloro che operano negli ospedali assistere a questa nuova sfida sanitaria e umanitaria. Abbiamo visto sui social volti sfigurati dai segni delle mascherine e possiamo intuire quanta stanchezza ci sia in chi ormai non conosce turni di riposo. I ritmi di lavoro negli ospedali sono massacranti e anche il senso di impotenza spesso crea sconforto. Ma i sanitari e i medici non si fermano. Assistono e curano con la massima professionalità i pazienti. Tutti, sia coloro che sono affetti da COVID 19 che i pazienti non contagiati.
Anche Pordenone fa la sua parte. L’esercito italiano ha mandato 27 medici militari, di cui uno di stanza all’Ariete di Pordenone (Reggimento 132 a Maniago): un giovane ufficiale medico che ha scelto di fare il soldato proprio per poter essere attivo nei territori di emergenza e di guerra. E questa del Coronavirus è una guerra contro un nemico insidioso e subdolo che richiede abnegazione e competenza.
Dal sito dell’Ospedale di Bergamo leggiamo che si tratta del Capitano medico Roberto del Fabbro.
I nostri militari sono una forza sempre pronta nelle emergenze: il terremoto, i disastri ambientali e anche civili.
Sono presenti nelle aree di guerra con azioni di stabilizzazione e di pace. Oggi, poiché la situazione lo richiede, sono in prima linea anche per l’emergenza sanitaria.
Ci sono anche altre due persone, provenienti da Pordenone, che operano nelle zone d’Italia considerate a rischio: un giovane infermiere che presta il suo servizio al Policlinico di Milano e una giovane dottoressa specializzanda che lavora all’ospedale di Bologna (il papà è un volontario AVIS).
Sono giovani che hanno scelto una professione che li pone a contatto con i malati e che richiede quotidianamente impegno e dedizione. In questo periodo il lavoro si è enormemente intensificato. Si lavora in situazioni anche disagiate, con la ricerca dei posti letti, soprattutto per l’ospedale Bergamo. Ospedale che ieri ha avuto oltre 300 decessi per Coronavirus. Una situazione drammatica che pone ciascuno dinanzi al limite umano. Dare il proprio aiuto è una scelta coraggiosa, soprattutto perché il rischio del contagio, nonostante le protezioni, è reale. Sappiamo di numerosi medici e sanitari che hanno contratto il virus sul lavoro.
Eppure questi eroi moderni e quotidiani non si tirano indietro. Sono presenti e stanno accanto ai pazienti.
Offrono cure mediche, ma anche un sorriso e una parola di conforto.

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