L'Editoriale
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Verità taciuta

C'è qualcosa torna a muoversi e c'è una data all'orizzonte, il primo luglio, quando si confronteranno la Procura di Roma e quella del Cairo, dopo un anno e mezzo di silenzio. Nel frattempo, sono state così tante le dichiarazioni fatte e poi smentite da parte degli egiziani che non si sa quanto sia lecito aspettarsi di nuovo.

Parole chiave: Giulio Regeni (3), Egitto (3), Governo (22), Verità (6)
Verità taciuta

Quali e quante parole si possono dire su Giulio Regeni che non siano già state dette? Eppure tutto gira intorno ad una parola sola: verità. La verità taciuta dall'Egitto, cercata dall'Italia, invocata dai coraggiosi genitori - Paola e Claudio -, diventata slogan su braccialetti, striscioni, cartelli che tingono di giallo piazze e facciate di municipi.

Verità, che il vocabolario definisce "ciò che è vero, contrapposto a falsità, bugia, menzogna, errore" e che pare scritto apposta per questo caso, nel quale bugie e nascondimenti non sono mancati a partire da quel 3 febbraio 2016 in cui Giulio - sparito la sera del 25 gennaio - fu ritrovato massacrato al bordo di un'autostrada de Il Cairo.

Ora qualcosa torna a muoversi e c'è una data all'orizzonte, il primo luglio, quando si confronteranno la Procura di Roma e quella del Cairo, dopo un anno e mezzo di silenzio. Nel frattempo, sono state così tante le dichiarazioni fatte e poi smentite da parte degli egiziani che non si sa quanto sia lecito aspettarsi di nuovo. Sul fronte italiano il caso è tornato in auge nei giorni scorsi sull'onda della vendita all'Egitto di due navi da guerra (il premier Conte è stato per questo ascoltato dalla commissione d'inchiesta su Giulio Regeni). Un fatto a sé, secondo il governo; qualcosa che non doveva accadere secondo altri, a partire dai genitori di Giulio che hanno dichiarato di essersi sentiti "traditi" da un'Italia che avrebbe dovuto troncare ogni rapporto con l'Egitto piuttosto che continuare a tessere relazioni. E qui si fronteggiano due scuole di pensiero: è più efficace il muso duro o il dialogo?

Comunque la si pensi, a fronte del tanto fumo, la vicenda si inquadra in tre prospettive: i fatti, le parole, i silenzi.

Per quanto riguarda i fatti, il primo consiste nel come è stato ritrovato Giulio: le numerose fratture, i segni delle sigarette spente addosso come quelli delle coltellate ricevute, anche sulla pianta dei piedi, confermano incontestabilmente le torture subite. Un secondo: è emerso che il generale Khaled Shalabi, uno dei principali investigatori egiziani, nel 2000 era già stato condannato per rapimento e tortura. Un terzo: il 24 marzo 2016 i cinque uomini indicati come probabili responsabili del sequestro di Giulio sono stati uccisi in una sparatoria dalla polizia egiziana. Ragione data: appartenevano a una banda specializzata in rapimenti di stranieri a scopo di estorsione. Un quarto: nell'aprile 2016 la polizia egiziana ha arrestato il consulente egiziano della famiglia Regeni, Ahmred Abdallah, con l'accusa di sovversione e terrorismo. Un quinto: nel dicembre 2016 si è scoperto che il leader del sindacato degli ambulanti, Mohamed Abdallah - in contatto e in relazione con Giulio a motivo della ricerca universitaria che il nostro stava conducendo – lo aveva già denunciato alla polizia il 6 gennaio 2016 e per tutto il mese ha informato la stessa di tutti gli spostamenti del ricercatore friulano. Un sesto: nel settembre 2017 anche il legale egiziano che seguiva la famiglia Regeni, Ibrahim Metwaly, è stato incarcerato in Egitto con l'accusa di sovversione.

Sul fronte delle parole: le differenti versioni date dall'Egitto, che prima ha sostenuto che Giulio fosse stato vittima di un incidente, poi che si trattasse di un delitto legato al mondo della droga o a sfondo sessuale. Date le innegabili torture, ha quindi incolpato i Fratelli Musulmani di aver commesso l'omicidio per mettere in cattiva luce il governo egiziano. Ha infine giocato la carta della banda di sequestratori pro pecunia. Un solo punto fermo: ha continuato a negare il coinvolgimento dei servizi segreti governativi nella vicenda.

Sul fronte dei silenzi, uno è pesante: quello dell'università di Cambridge, in nome della quale Giulio era in Egitto a condurre la sua ricerca sul mondo dei lavoratori e del sindacato. Probabilmente non l'unico silenzio e qui sta il busillis.

Cosa aspettarsi ora dal nuovo incontro? I genitori chiedono di conoscere il movente di simili torture e i nomi dei torturatori. Questa è la verità negata su Giulio. Perché una verità (le cose così come sono accadute) ovviamente c'è: ma taciuta e nascosta come ogni cosa scomoda. Tanto più scomoda - Ustica insegna - quando coinvolge direttamente i governi.

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