L'Editoriale
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Navi e cicogne

L’Unione europea, nella persona della commissaria per i diritti umani Dunija Mijatovci, ha scritto una lettera all’Italia, indirizzata al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. A muoverla le ultime decisioni riguardo i migranti: fatti sbarcare dopo giorni di navigazione in porti del centro nord della penisola. 

Parole chiave: Nigranti (1), Porti (4), Nascite (2), Ong (3), Europa (38)
Navi e cicogne

L’Unione europea, nella persona della commissaria per i diritti umani Dunija Mijatovci, ha scritto una lettera all’Italia, indirizzata al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. A muoverla le ultime decisioni riguardo i migranti: fatti sbarcare dopo giorni di navigazione in porti del centro nord della penisola. La commissaria ha anche invitato il governo italiano a considerare la possibilità di ritirare il decreto legge sulle Ong (approvato nel Consiglio dei ministri del 28 dicembre scorso) o di modificarlo in modo che il testo sia maggiormente conforme agli obblighi in materia di diritti umani e diritti internazionali. Il che significa che così non li rispetta a pieno: la linea del governo è far sì che le navi chiedano dove e quando sbarcare, quella dell’Europa è quella del mare, ossia un pronto intervento con approdo al porto più vicino.

In effetti da gennaio i migranti a bordo delle Ong invece di sbarcare come al solito tra Sicilia e Calabria sono stati indirizzati molto più a nord fino ad Ancona, Ravenna, Pesaro e La Spezia. Scelta motivata dal governo come necessità di non continuare a gravare sul sud Italia. Visto dalla prospettiva del pronto aiuto a persone in grave difficoltà - come sono i migranti dopo la prova della detenzione libica -, il fatto assume però un’altra lettura: una strategia per allungare i tempi dello sbarco e i giorni di navigazione a danno delle Ong (da Catania a La Spezia si deve risalire tutto lo stivale), allo scopo di rendere più complicati gli sbarchi sul suolo italico.

Questo è il punto che la commissaria europea ha rimarcato: assegnare porti lontani significa prolungare le sofferenze di persone già allo stremo, ritardare l’assistenza medica di cui molte hanno bisogno, tenerle esposte a condizioni metereologiche anche molto avverse in questo periodo. Il governo ha ribadito la sua linea e la sua visione: le Ong fanno da traghetto ai migranti e l’Italia viene lasciata sola nella loro gestione.

Ora è pur vero che la questione è complicata e poco gradita alla discussione e ancor più alla comune assunzione in sede europea ed è giusto chiedere che assuma una unica regia. Ma senza nel frattempo perdere cuore e umanità.

Nel mezzo della diatriba, molto politica, restano i migranti: non voluti e sballottati come bagagli da respingere e spedire volentieri altrove. E pensare che l’Italia ne avrebbe bisogno: non solo come braccia da lavoro ma anche come abitanti a tutti gli effetti. Lo stivale si spopola e la natalità è sottozero: il 2022 è stato il primo anno nella storia del paese in cui i nati non hanno raggiunto la soglia minima dei 400mila. Meno nati significano domani meno studenti a scuola e dopodomani meno lavoratori: quelli che pagano le pensioni di chi è più maturo. L’Istat ha anche stimato che nel 2050 poco più di una persona su due sarà in età da lavoro con la conseguenza che sulle spalle di quel 52% della popolazione compresa tra 20 e 66 anni peseranno da una parte bambini e giovani, dall’altra gli anziani ai quali garantire pensioni e cure.

Pare quindi un cortocircuito della logica questo comportamento: siamo un paese che da una parte si spopola e dall’altra non accoglie. E pare proprio che la gestione dei migranti rimanga impigliata nelle visioni politiche più che venire guidata da strategie socio-economiche di lunga scadenza. La questione resta complessa e proprio per questo necessita di pluralità di voci e competenze per essere compresa, discussa, presa in carico e avviata a soluzione. Perché se è vero che chi chiede accoglienza rischia la vita pur di scappare dall’inferno del proprio paese è altrettanto vero che chi accoglie non deve solo garantire uno sbarco ma pure organizzare un sistema capace di curare, collocare, formare, nell’ottica di una vera integrazione con chi è già cittadino.

A chi sta annegando la legge del mare getta un salvagente, senza sapere prima se il naufrago resterà con chi glielo ha lanciato (per altro la maggior parte di chi arriva non sogna l’Italia ma altri paesi europei). E non va scordato che i migranti salvati dalle Ong sono solo il 10% di quelli che sbarcano. Per questo, se di rotte ci si vuole occupare, le più urgenti parrebbero quelle delle cicogne che ci evitano piuttosto che quelle delle Ong che arrivano.

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