L'Editoriale
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Carestia di pace

Nel mondo c’è carestia di pace: lo ha ribadito anche a Natale papa Francesco, che dal 24 febbraio 2022 - giorno dell’inizio della invasione russa dell’Ucraina – ripete incessantemente i sui appelli, intensi e veri tanto quanto il bisogno che ne ha il mondo. Il primo gennaio 2023, Giornata della pace, le sue parole risuonano ancor più sentite e urgenti, ora che le immagini della guerra e dei suoi strazianti esiti anche sui civili inermi sono, ad ogni tg, sotto gli occhi di tutti.

Parole chiave: Giornata della pace (1), 1 gennaio (3), Guerra (152), Ucraina (124), Papa Francesco (200)
Carestia di pace

Nel mondo c’è carestia di pace: lo ha ribadito anche a Natale papa Francesco, che dal 24 febbraio 2022 - giorno dell’inizio della invasione russa dell’Ucraina – ripete incessantemente i sui appelli, intensi e veri tanto quanto il bisogno che ne ha il mondo. Il primo gennaio 2023, Giornata della pace, le sue parole risuonano ancor più sentite e urgenti, ora che le immagini della guerra e dei suoi strazianti esiti anche sui civili inermi sono, ad ogni tg, sotto gli occhi di tutti.

La Giornata della pace fu voluta e istituita da Paolo VI, il 1° gennaio 1968. La pensò – sono parole sue – “come augurio e come promessa, all’inizio del calendario che misura e descrive il cammino della vita umana nel tempo… Noi pensiamo che la proposta interpreti le aspirazioni dei Popoli”. Il problema, in molti casi, viene dai governanti o dagli interessi di una parte dei potenti.

Papa Francesco, oltre ad invocare la pace, ha da sempre parole dure e decise contro i costruttori di armi che edificano i loro patrimoni sulla morte altrui. Lo fa a ragion veduta: non solo per l’evidenza che le armi si comprano e si usano per annientare l’avversario, ma anche perché l’industria delle armi non va in crisi, anzi.

Secondo l’ultimo rapporto del Sipri (Stockholm International Peace Reserche Institute), reso noto il 5 dicembre 2022, il fatturato realizzato nel 2021 dai cento colossi mondiali produttori di armi è volato molto sopra i 500 miliardi di dollari, risultando in crescita non solo rispetto al 2020 (+2%) ma pure rispetto agli ultimi sette anni. Il conflitto in Ucraina accelera e aumenta il giro: fa lavorare bene questo tipo di industria e gonfia i bilanci militari di tutta Europa come oltreoceano. Il business della guerra è roseo e fiorente, tanto che le previsioni parlano di progressione geometrica fino al 2026, ossia produzione e vendite continueranno a salire esponenzialmente.

Di fronte a questi scenari è facile essere tentati dal declassare la speranza di pace ad utopia. Eppure di pace c’è un bisogno evidente, in Europa come altrove. Caritas Italia ha quantificato in 23 i conflitti ad alta intensità in corso, cifra che vola sopra i 350 se si contano anche quelli cronici o le escalation violente. Per citarne alcuni: oltre a quello in Ucraina, la guerra è in atto in Siria, Yemen, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, nord del Mozambico (Cabo Delgado), Nord Kivu e Ituri nella Repubblica democratica del Congo, nel Tigray, in Etiopia. Tra il 2020 e 2021 le persone che avevano bisogno di assistenza umanitaria erano già aumentate del 40%, salendo a 235 milioni; il conflitto in Ucraina ha aggiunto oltre 12 milioni di persone in difficoltà: 7 milioni sfollati interni e quasi 5 milioni fuggiti all’estero.

Abbiamo bisogno di tutto questo? Al mondo basterebbero le gravi conseguenze del cambiamento climatico che causa non solo migrazioni ma anche distruzione, morte e paura. Dovrebbero fungere da ottimo collante, capace di unirci nella programmazione di stili di vita capaci di migliorare lo stato di salute del pianeta e di chi lo abita. Palesemente non è così.

Ci era sembrato, nei mesi più cupi della pandemia, di saper ritrovare una sintonia, affratellati come eravamo dalla paura. Ma passata la paura anche la fratellanza è sbiadita. Lo ricorda Francesco, nel messaggio per il 1° gennaio 2023: “La più grande lezione che il Covid-19 ci lascia in eredità è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo”.

C’è nel suo testo anche una concreta presa di coscienza: “Non è questa l’era post-Covid che speravamo o ci aspettavamo”. La guerra fratricida spaesa e sorprende. Se la tecnologia e la scienza contro il virus hanno trovato il rimedio del vaccino, Francesco suggerisce contro la carestia di pace la parola “insieme”: “E’ insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi (…). Solo la pace che nasce dall’amore fraterno e disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali, sociali e mondiali”.

Non sarà facile e il volto del papa come il tono stanco e provato tradiscono forse uno sconforto. Ma salda è la sua fede, salda la speranza, salda la preghiera. Proviamo con sincerità di cuore ad unirci a lui, così che l’assolo si faccia coro unanime nell’impetrare il dono della pace.

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