L'Editoriale
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Atomica: Bikini insegna

Mentre il mondo spensierato si dedica alla movida da battigia, una piccola schiera di 42 associazioni cattoliche ha rivolto un appello a Governo e Parlamento affinché l’Italia aderisca al Trattato per la proibizione delle armi nucleari... Sono i giorni dell'anniversario di Hiroshima e Nagasaki: una lezione che non è stata ancora imparata

Atomica: Bikini insegna

Atomica

Bikini insegna

Simonetta Venturin

Piena estate: mare, isole e costumi. Un classico alla Edoardo Vianello che gorgheggiava “pinne, fucile ed occhiali”, ma non solo.

Piena estate, 6 e 9 agosto 1945: due bombe atomiche spazzano via vite e città ad Hiroshima e Nagasaki. Settantasei anni dopo la faccenda non è chiusa e la lezione non è imparata.

Mentre il mondo spensierato si dedica ai bikini e alla movida da battigia, una piccola schiera di 42 associazioni cattoliche ha rivolto un appello a Governo e Parlamento affinché l’Italia aderisca al Trattato per la proibizione delle armi nucleari, adottato dall’Onu il 7 luglio 2017 ed entrato in vigore il 22 gennaio 2021.

E’ l’ultimo di una serie di trattati: il primo promuoveva la “non proliferazione” delle armi nucleari (1968), il secondo “la messa al bando totale degli esperimenti nucleari” (1996), questo terzo è approdato invece alla “proibizione” delle armi nucleari, rendendone illegale l’uso, la minaccia, il possesso e lo stazionamento. Ed è qui che nascono gli imbarazzi di Stato, se è vero che tra la nostra Aviano e Ghedi, in provincia di Brescia, riposano ordigni nucleari (che l’Avvenire del 18 giugno ha quantificato in circa quaranta).

Papa Francesco, nell’udienza del 20 gennaio scorso - due giorni prima dell’entrata in vigore – aveva parlato di questo terzo trattato come del “primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che vieta esplicitamente questi ordigni”. E da Hiroshima, il 24 novembre 2019, aveva definito il ricorso all’atomica “un crimine non solo contro l’uomo (…) ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune… L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche”. Parole in linea con i fatti, tanto che la Santa Sede è stata tra i primi a ratificare il trattato mentre l’Italia glissa ancora.

Del resto, parole di condanna all’atomica sono sempre giunte dai papi. Pio XII l’8 febbraio del 1948 la definì “la più terribile arma che la mente umana abbia, fino ad oggi, ideata”. Giovanni XXIII nella Pacem in terris (1963) scriveva che dopo l’invenzione della atomica “gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni sitante con una travolgenza inimmaginabile”. Per Paolo VI l’armamento nucleare era “la minaccia più paurosa” che gravava sull’umanità (1978). Giovanni Paolo II da Hiroshima aveva ricordato: "La mente umana fece una scoperta terribile. Noi ci rendemmo conto con orrore che l’energia nucleare sarebbe stata, da allora in poi, disponibile come arma di devastazione" (1981). E Benedetto XVI ha chiosato come “funesta e fallace la prospettiva di quei governi che misurano la loro forza e la loro sicurezza nelle armi atomiche” (2010).

Sul fronte delle nazioni gli atteggiamenti sono invece più variegati. Quando alla Conferenza delle Nazioni Unite, nel 2017, si discusse del terzo trattato sulla proibizione delle armi atomiche, dei 195 stati presenti, 66 non hanno partecipato ai negoziati (tra cui Usa, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Corea del Nord, Israele). Assenti alla discussione non potevano che essere gli stati detentori e i loro alleati con vincoli di deterrenza nucleare, come gli appartenenti alla Nato. Nonostante ciò, al momento del voto finale erano presenti in 124 stati: 122 hanno votato favorevolmente, uno contrario (Paesi Bassi), uno astenuto (Singapore). Un sì di massima che andava però confermato entro gennaio 2021.

Usa e Russia sono da sempre i maggiori detentori di armi nucleari e, sia pur archiviata la guerra fredda, ogni acuita tensione risveglia nel mondo atomici timori. La dichiarazione congiunta con cui Biden (Usa) e Putin (Russia) hanno chiuso l’incontro di Ginevra (16 giugno) potrebbe rasserenare: “Riaffermiamo il principio secondo cui una guerra nucleare non può essere vinta e non deve essere mai combattuta”. Auguriamo a noi e al mondo che non siano sole parole di facciata, anche se la concretezza dei numeri lancia ombre non trascurabili: le due potenze posseggono il 90% delle forze nucleari globali (circa 5.500 testate per gli americani, 6.255 per i russi).

Il nucleare resta un rischio per l’umanità. Per questo le associazioni hanno sollecitato il governo italiano a ratificare il trattato di proibizione. Tra i 42 firmatari ci sono molte realtà note: l’Azione cattolica, le Acli, l’Agesci e il Masci, la Fuci, la San Vincenzo De Paoli, Comunione e Liberazione, i Focolari, la Comunità di Sant’Egidio, il Sermig, il gruppo Abele e Libera, l’Uciim, gli Amici di Raul Follerau, le Teologhe italiane, il Cif e il Csi, i Beati costruttori di pace e tanti altri ancora.

Distrarsi troppo non conviene. Se riteniamo lontane le immagini venute da Hiroshima e Nagasaki, se non ci bastano le più recenti testimonianze da Cernobyl (26 aprile 1986) che cronache, film e libri (come Preghiera per Cernobyl del Nobel Svetlana Aleksievic) hanno raccontato, si potrebbero trovare ulteriori conferme dalla esemplare vicenda di Bikini, l’atollo in pieno oceano Pacifico che dal 1946 si vide trasformato in teatro di esperimenti.

Fatti evacuare gli abitanti nel ’46, ma con la promessa del ritorno, fu usato dagli americani come poligono nucleare per misurare gli effetti della bomba atomica prima e di quella all’idrogeno poi. Bikini e il vicino atollo Enewetak furono sottoposti a 67 esperimenti.

Alcuni ex abitanti cercarono di rientrare negli anni ’70 ma ne vennero allontanati per l’elevata radioattività. Dal 1997 (51 anni dopo) è stato dichiarato abitabile ma con scarsi risultati. E meno male: la Columbia University nel giugno del 2016 (a 70 anni dai primi test) ha reso noto uno studio nel quale dimostra che i livelli di cesio restano ancora superiori al consentito e l’isola non può essere abitata. Nel 2010 anche l’Unesco, di fronte alla fragile bellezza dell’atollo, ha proclamato Bikini patrimonio dell’umanità. Ma non va dimenticato che patrimonio dell’umanità è tutta l’umanità stessa non meno del pianeta che essa abita.

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