Friuli Occidentale
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Sesto al Reghena: presepio vivente in abbazia

Alla classica rappresentazione "teatrale", lo spettacolo alterna linguaggi espressivi e tecnologie moderne che connotano il racconto con grande originalità e innovazione.

Sesto al Reghena: presepio vivente in abbazia

   Sesto al Reghena si rinnova anche quest’anno nella notte del 24 dicembre (dalle ore 22) e il pomeriggio del 26 (dalle ore 15) l’appuntamento con il Presepio vivente e la Sacra Rappresentazione. L’evento è organizzato dall’Associazione Sestante e dalla Parrocchia Santa Maria in Silvis in collaborazione con il Comune e Associazione Pro Sesto e vede la partecipazione di circa 10.000 spettatori.
La rappresentazione, giunta alla XXII edizione, si caratterizza da sempre per l’allestimento di oltre 30 scenografie dislocate intorno e all’interno del complesso abbaziale in cui è ricostruita la vita quotidiana e la socialità ai tempi della nascita di Cristo.
Le scene sono animate da oltre 200 figuranti in costume protagonisti anche della rappresentazione che si svolge nel grande parco abbaziale. Qui infatti tradizionalmente è messo in scena un racconto natalizio sempre inedito che intreccia le vicende caratterizzanti la storia dell’abbazia, l’attualità dei giorni nostri e il messaggio cristiano legato alla Natività.
Alla classica rappresentazione "teatrale", lo spettacolo alterna linguaggi espressivi e tecnologie moderne che connotano il racconto con grande originalità e innovazione.
La rappresentazione del 2018 dal titolo "Nello stupito, profondo silenzio, viene il Re della pace" si concentra sulla riflessione intorno alla guerra con un parallelismo tra un soldato del primo conflitto mondiale (nel 2018 si è celebrato il centenario della fine), costretto ad impugnare le armi ed andare al fronte, e un centurione romano all’epoca di Gesù, che invece ha scelto la guerra come mestiere.
A partire dai futuristi (1909) e dalla loro visione sovversiva dei valori, dall’esaltazione della lotta, dalla velocità come "nuova bellezza" e dallo scavalcamento distruttivo del passato, sarà raccontata la storia di un soldato al fronte durante l’ultima notte del primo conflitto mondiale (1918). Del pensiero futurista ("la guerra come sola igiene del mondo") fu prosaicamente protagonista - suo malgrado - e ne denuncerà le conseguenze attraverso l’esperienza della trincea e le parole dei poeti in un’accorata lettera alla madre; e poi ancora un excursus progressivo fino ai giorni nostri (2018, cento anni dopo quella notte), dove tutto sembra ciclicamente tornare con la violenza, il cinismo e la velocità dei tempi come cantato dalle parole di Lucio Dalla in Com’è profondo il mare utilizzata come colonna sonora narrativa ed eseguita dal vivo.
Infine 2000 anni fa. Nuovamente un soldato, un centurione romano, che scelse la guerra come professione e non per costrizione. Un soldato che, ciononostante, sentì qualcosa cambiare; poeticamente, percepì che l’idolatria pagana in cui credeva (la stessa - allegorica - che prova l’uomo occidentale oggi verso altre deità consumistiche, pulsioni di conquista e false ideologie), veniva scardinata da una forza potente: quella di un bimbo "speciale" che stava per nascere.
È La notte dei miracoli (la seconda canzone di Lucio Dalla eseguita dal vivo), nello stupito e profondo silenzio delle armi il Salvatore è arrivato e porterà con sé nuovi valori per l’umanità e una nuova speranza di pace.
Umberto Coassin

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