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Premio nazionale di storia contemporanea Friuli Storia: i tre finalisti

Per il 2020 la terna vincente, proclamata il 26 maggio, è costituita da Istvan Deak con "Europa a processo. Collaborazione, resistenza e giustizia fra guerra e dopoguerra" (Il Mulino, 2019); Carmine Pinto, "La guerra per il Mezzogiorno

Parole chiave: Premio Storia (1), Fondazione Fiuli (1), Fvg (32), Morandini (2)
Premio nazionale di storia contemporanea Friuli Storia: i tre finalisti

I lettori sono al centro del Premio nazionale di storia contemporanea Friuli Storia, giunto al VII anno con una edizione da record: 106 candidature e 330 lettori, il 10% in più dell’edizione precedente. Il premio è l’unico riconoscimento in Italia per la storia contemporanea che affida la scelta del vincitore a una giuria di lettori. Tommaso Piffer, docente di Storia contemporanea all’Università di Udine e presidente della giuria scientifica, osserva però che "la forza del premio non si misura sui numeri, ma sulla sua capacità di creare ogni anno nuovi lettori di storia". La giuria seleziona infatti la terna dei finalisti, i cui libri saranno inviati ai lettori, che li leggeranno entro il 31 agosto decidendone il vincitore. Una iniziativa molto impegnativa, anche dal punto di vista logistico finanziario, e che vede il sostegno oltre che della Fondazione Friuli, della Regione Friuli-Venezia Giulia, del Comune di Udine, del Gruppo Danieli, di Poste italiane e dell’Università di Udine. Il premio, ha affermato il presidente della Fondazione Friuli, Giuseppe Morandini, "è diventato un elemento qualificato e distintivo, dal punto di vista della divulgazione storica, per la città di Udine e l’intero territorio friulano. Ad esso si abbina il Premio Fondazione Friuli riservato alle scuole, un settore in cui la Fondazione di impegna molto, come dimostra il bando istruzione da poco concluso e che ha visto un record di domande di partecipazione da parte degli istituti di istruzione".
Per il 2020 la terna vincente, proclamata il 26 maggio, è costituita da Istvan Deak con "Europa a processo. Collaborazione, resistenza e giustizia fra guerra e dopoguerra" (Il Mulino, 2019); Carmine Pinto, "La guerra per il Mezzogiorno. Italiani, borbonici e briganti. 1860-1870" (Laterza, 2019) e Antonella Salomoni "Le ceneri di Babij Jar. L’eccidio degli ebrei di Kiev" (Il Mulino, 2019).
"Sono stati scelti - spiega Piffer - perché sono dei volumi rigorosi dal punto di vista scientifico pur essendo accessibili anche ai non addetti ai lavori, e perché toccano alcun grandi snodi storici nel nostro tempo: la memoria dell’olocausto e della seconda guerra mondiale, che è un aspetto decisivo nel formare l’identità dell’Europa del dopoguerra, e le fratture che stanno all’origine del processo di unificazione italiana".
Istvan Deak, è ungherese, fuggito dopo la rivolta del 1956 negli Usa, dove è professore emerito di storia alla Columbia University. Il suo è un libro sulle scelte spesso laceranti che tutti gli europei dovettero fare davanti all’occupazione nazista tra attendismo, resistenza e collaborazionismo. Soprattutto, Deak indaga la grande amnesia collettiva sui vastissimi fenomeni di collaborazione dei popoli europei con le politiche naziste, andando al cuore di uno degli aspetti fondamentali della percezione che gli europei hanno della loro storia. "Inoltre è uno dei pochi testi disponibili sul mercato italiano con una prospettiva europea in un ambito che di solito è orientato sulle vicende nazionali" osserva Piffer.
Carmine Pinto, professore di storia contemporanea all’università di Salerno, affronta invece il tema della frattura tra nord e sud. Dal 1860 al 1870 truppe regolari italiane, volontari meridionali, briganti iniziarono una guerriglia che frammentò una società meridionale divisa tra nazionalismo italiano e autonomismo borbonico, tra liberalismo costituzionale e assolutismo con conseguenze che perdurano nella onnipresente "questione meridionale" italiana.
Antonella Salomoni, ordinario di Storia contemporanea all’Università della Calabria, scrive la storia della memoria negata della strage di 33.771 ebrei di Kiel nella gola di Babij Jar nei giorni 29-30 settembre 1941 settembre 1941. L’eccidio, compiuto da truppe tedesche e collaborazionisti ucraini, fu negato e nascosto fino agli anni ’90 nella Russia sovietica. "L’olocausto - afferma Piffer - è un elemento fondamentale nella storia del XX secolo sia per la sua enormità e sia per l’importanza che il suo ricordo ha avuto nella crescita della identità collettiva dopo la seconda guerra mondiale".
La cerimonia della premiazione avverrà, si spera, il 16 ottobre con modalità che dipendono dalla situazione sanitaria, ma si pensa di organizzare per settembre degli incontri dal vivo o virtuali tra autori e la comunità degli oltre 1000 lettori che dal 2014 ad oggi hanno fatto parte della giuria dei lettori.
Gabriella Bucco

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