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Lebbra: una malattia dimenticata come Raul Follereau il suo "apostolo"

Una malattia, un libro, una preghiera: storia di un uomo e di una malattia dimenticata. Ottobre, mese missionario per eccellenza, è il tempo giusto per farlo

Lebbra: una malattia dimenticata come Raul Follereau il suo "apostolo"

LA LEBBRA NEL MONDO

a lebbra, conosciuta fin dai tempi antichi e già descritta nella Bibbia, si manifestò con carattere epidemico a focolai nell’Alto Medioevo.
La malattia ha continuato a manifestarsi nei secoli successivi ed è sempre stata legata alla povertà e a condizioni igienico-sanitarie precarie.
Negli ultimi decenni si è verificata una riduzione del numero dei casi in relazione al trattamento polichemioterapico dei malati ed ai programmi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Scriveva nel suo intervento settimanale ne Il Popolo don Antonio Zanette il 24 gennaio 2018: "Questa domenica siamo invitati alla 64^ Giornata mondiale di lotta alla lebbra.
E’ una giornata di riflessione e di raccolta di fondi per le vittime della lebbra (morbo di Hanen). Ricorre annualmente l’ultima domenica di gennaio. Fu istituita da Raul Follereau, scrittore e giornalista francese, molto attivo nella lotta alla lebbra.
In Italia viene proposta dall’ AIFO (Associazione Italiana Amici di Raul Follerau) attraverso una serie di iniziative di sensibilizzazione. Molti di noi, negli anni ’70, hanno partecipato alle campagne contro la lebbra che allora mobilitavano molti gruppi giovanili della Destra Tagliamento. Davanti alle chiese, ai supermercati e agli incroci stradali sorgevano tende presidiate da giovani che volantinavano il grande messaggio di Raul Follerau: "Giovani di tutto il mondo sognate una società nuova fondata non sul denaro ma sull’amore. Una società in cui ci sono i nuovi lager chiamati lebbrosari e arsenali militari, non ha futuro".
Partecipatissime erano le raccolte di carta, indumenti e ferrovecchio. Camioncini e trattori, preceduti da megafoni, passavano casa per casa in una mobilitazione chiamata "sporchiamoci le mani". L’idea, proposta dai missionari comboniani e in particolare da Padre Domenico Verdini, si riferiva al seguente apologo di Raul Follerau. "Un signore per bene si presentò alla porta del paradiso chiedendo di entrare. Sono un cristiano credente e praticante, disse, non ho mai ammazzato né rubato, ho le mani pulite. San Pietro perplesso rispose: Le tue mani sono belle bianche ma vuote. Davanti ai poveracci sono rimaste chiuse e lo spedì giù dritto con il ricco Epulone".

L’incontro di Gesù
con i lebbrosi
(LUCA17,11-19)
Nell’Antico e nel Nuovo testamento spesso si parla di lebbra. Nell’Antico testamento malattia in senso lato, non una sola ma molte che affliggevano la popolazione. Solo Gesù però nel Nuovo testamento leggiamo che guarisce dalla lebbra. "Commuove quel Gesù che tocca il lebbroso e viene alla mente l’immagine che ritrae oltre 2000 anni dopo papa Francesco che accarezza un lebbroso! L’incontro di Gesù con i dieci lebbrosi è commovente e drammatico nello stesso tempo. Conosciamo la situazione disperata in cui venivano confinati i lebbrosi, specie anticamente. La lebbra non solo veniva considerata una malattia inguaribile e contagiosa, ma veniva interpretata come un durissimo castigo divino per chi aveva commesso delitti gravi e innominabili. Per questo il Libro del Levitico (capp. 13-14) imponeva norme severissime: il contagiato doveva venire isolato dalla famiglia e dal gruppo sociale; doveva vivere appartato come un "sepolto vivo".Gesù rompe questa tradizione che condannava all’isolamento e alla vergogna, si fa incontro spesso ai lebbrosi, li tocca e li guarisce (cf. Mc 1,41), riportandoli alla sanità fisica e riconducendoli alla vita comunitaria ufficiale. È questo il senso del "presentarsi ai sacerdoti" per l’attestato di guarigione richiesto ai 10 lebbrosi. Leggendo il brano siamo colpiti dalla misericordia amorosa del Cristo, che strappa l’uomo dalla sofferenza e dall’umiliazione. Ponendosi accanto a noi, ha condiviso la nostra situazione mortale, perché in lui e per lui fossimo partecipi della natura divina (2Pt 1,4) Deoniani".

RAUL FOLLERAAU- BIOGRAFIA

Raoul Follereau

Nato il 17 agosto 1903 a Nevers, giornalista, poeta e scrittore, Raoul Follereau viene colpito, durante un viaggio nel Sahara nel 1963 con la moglie Madeleine dall’incontro con i malati di lebbra abbandonati dalla loro comunità.
Di ritorno in Francia, incontra nel1943 Madre Eugénia, Superiora generale delle Sorelle di Nostro Signora degli Apostoli. Le parla del suo progetto di fare costruire il primo villaggio per i malati di lebbra. NIl piena seconda guerra mondiale fa più di 1.200 conferenze per raccogliere fondi per costruire questo villaggio ad Adzopé in Costa d’Avorio. Soprannominato "il vagabondo della carità", nel corso della vita fece 32 volte il giro del mondo per incontrare i più poveri.
Nel 1952 chiede all’ONU uno statuto internazionale dei diritti dei malati di la lebbra e due anni dopo lancia la prima Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra, celebrata l’ultima domenica di gennaio.
Muore a Parigi nel 1977, dopo aver nominato successore André Récipon, che considera suo figlio spirituale a cui affida di continuare la sua battaglia contro la lebbra e contro tutte le lebbre.

UN LIBRO PER CONOSCERLO

crive nel 2007 il card. Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della salute, nell’introduzione al volume "Raoul Follereau - Una guerra d’Amore": "I notevoli progressi che la medicina ha sviluppato nel settore dei malati di lebbra negli ultimi decenni hanno generato nella coscienza sociale che questa malattia, essendo curabile, sia quasi sparita nel mondo; la lebbra è divenuta così "una malattia dimenticata".
Ma purtroppo non è così (vedi mappamondo e dati relativi ai malati di lebbra nel 2018 come diffusi dall’OMS ndr.).
La lebbra pare dimenticata e pare dimenticato anche Raul Follereau. Lo aveva già scritto anche il giornalista Roberto Beretta nell’articolo "Follereau, grande dimenticato", pubblicato da "Avvenire il 5 dicembre 1997, a vent’anni dalla morte. Beretta ne tracciò un puntuale profilo, dispiacendosi che "i suoi proclami evangelici patiscano la polvere dell’oblio".
Follereau dotato di "sopraffina" arte oratoria, di grande fantasia per inventare attività a favore dei più poveri, nel 1954, cioè in piena guerra fredda chiede l’equivalente di un bombardiere per ognuna delle due superpotenze, al fine di sradicare la lebbra dal pianeta.
A 70 anni non vuole una torta di compleanno, ma 60 ambulanze per i lebbrosi, ne riceve 104.
Visita lebbrosari, abbraccia volti.
"Perché dunque a un uomo siffatto non assegnarono tout court il Nobel per la pace, che avrebbe strameritato insieme ai suoi amici Madre Teresa (che visitò in India fin dal 1956) e Albert Schweitzer? In effetti, almeno due volte fu avanzata la candidatura del grande francese: e in un caso era controfirmata da ben 19 capi di Stato. Ma non se ne fece nulla".
Ritorniamo al volume "Roul Follereau - Una guerra d’amore".
Dopo le tante pubblicazioni dello stesso Follereau, proprio per non dimenticarlo si decide di pubblicare insieme i tanti appelli da lui indirizzati ai giovani. Introduce il card. Barragan, che conclude con uno dei più importanti pensieri di Follereau: "La più grande disgrazia che vi possa capitare (rivolta ai giovani) è quella di non essere utili a nessuno, è che la vostra vita non serva a nessuno".
Altro scritto introduttivo nello stesso volume quello di Dominique Lapierre, autore de "La città della gioia": Lapierre si inoltra a scrivere dei lebbrosi in india "quei lebbrosi avevano bisogno di più amore degli altri. Erano dei paria tra i paria". Poi gli scritti di Follereau ai giovani per invitarli a combattere non solo la lebbra fisica, ma tutte le miserie umane. Una biografia, documenti e la postfazione di Roberto Beretta "Almeno facciamolo santo".

LA SUA PREGHIERA

Signore insegnaci a non amare solo noi stessi,
a non amare soltanto i nostri,
a non amare soltanto quelli che amiamo.
Insegnaci a pensare agli altri,
ad amare quelli che nessuno ama.

Signore, facci soffrire della sofferenza altrui.
Facci la grazia di capire che ad ogni istante,
mentre noi viviamo una vita troppo felice,
protetta da Te,
ci sono milioni di esseri umani,
che sono pure tuoi figli e nostri fratelli,
che muoiono di fame senza aver meritato di morire di fame,
che muoiono di freddo senza aver meritato di morire di freddo.

Signore, abbi pietà di tutti i poveri del mondo.
Abbi pietà dei lebbrosi,
ai quali Tu così spesso hai sorriso
quand’eri su questa terra;
pietà dei milioni di lebbrosi,
che tendono verso la tua misericordia
le mani senza dita,
le braccia senza mani…

E perdona a noi di averli,
per una irragionevole paura, abbandonati.

E non permettere più, Signore,
che noi viviamo felici da soli.
Facci sentire l’angoscia della miseria universale,
e liberaci da noi stessi.
Così sia!

Raul Follereau
Apostolo dei lebbrosi

Lebbra: una malattia dimenticata come Raul Follereau il suo "apostolo"
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