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Ceneri dei defunti considerate come un prodotto

  Fa discutere una sentenza del Tar Veneto e della Corte di Giustizia europea

Ceneri dei defunti considerate come un prodotto

La sepoltura dei morti e la loro conservazione nei cimiteri hanno consentito che i defunti fossero oggetto del ricordo dei familiari e, per i credenti, delle preghiere. Le tombe hanno così costituito luoghi di memoria e di riflessioni per i singoli e per le comunità. Per la Chiesa l’inumazione è sempre stata ritenuta la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale. Seguendo l’antichissima tradizione cristiana, Essa raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro (Istruzione Ad resurgendum cum Christo).
Negli ultimi anni, però, si sta diffondendo sempre di più la pratica della cremazione.
Da tale scelta conseguono problemi per la conservazione delle ceneri, che, in un caso, hanno richiesto l’intervento prima del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto e poi della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
La controversia era sorta perché una vedova intendeva far cremare le spoglie del marito e depositare l’urna che conteneva le sue ceneri in una delle strutture della Memoria di Padova.
La Memoria è una società che offre un servizio di conservazione delle urne cinerarie in un proprio locale, consentendo ai parenti dei defunti cremati di evitare di custodire tali urne presso la propria abitazione o di collocarle in un cimitero.
Il Comune di Padova però, con una delibera del 2015, aveva modificato il suo regolamento dei servizi cimiteriali, ed aveva escluso espressamente che un’urna cineraria potesse essere conservata da un’impresa privata, gestita al di fuori del servizio cimiteriale comunale.
La Memoria e la vedova avevano fatto ricorso al TAR del Veneto che, a sua volta, si era rivolto alla Corte di Giustizia per conoscere se la delibera del comune di Padova fosse conforme a quanto previsto dal diritto dell’Unione Europea.
La Corte di Giustizia (causa C-342/17) ha affermato che il divieto imposto dal Comune di Padova non era giustificato né da un interesse di carattere generale attinente alla tutela della salute, né dalla necessità di garantire il rispetto dovuto alla memoria dei defunti e alla tutela dei valori morali e religiosi prevalenti in Italia.
Ha valutato l’attività di conservazione delle ceneri come una qualunque attività imprenditoriale, anche perché già soggetta da parte del Comune al pagamento di una tariffa.
Di conseguenza ha riconosciuto alla società "la Memoria", alla luce del principio di libertà di stabilimento (art. 49 TFUE), la possibilità di svolgerla senza restrizioni.
La decisione della Corte di Giustizia, pur esatta in termini giuridici, sembra ignorare il significato umano che la sepoltura dei corpi nei cimiteri, nelle chiese o in altro luogo sacro rappresenta. Trattando le ceneri dei defunti come un qualunque "prodotto" commerciale da inscatolare in un deposito, ci allontana da una pratica di devozione, che ci spinge ad un dialogo spirituale con le spoglie dei nostri cari sepolti nei cimiteri, e scompare il ricordo e la comunione tra i vivi ed i defunti che si rinnova al susseguirsi delle generazioni.
Antonio Lazzàro
Già Presidente del Tribunale
di Pordenone

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