L'Editoriale
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Cronaca di una sfilata annunciata

Il 9 maggio è una data attesa: dalla Russia che pare si prepari a celebrare la Giornata della Vittoria con l’annuncio di “guerra totale” in Ucraina; dal resto del mondo che non sa cosa attendersi da una situazione che si aggroviglia e si complica sempre più in un quotidiano crescendo di tensioni e atrocità, capaci di rendere più sfumato e lontano il tavolo della pace.

Cronaca di una sfilata annunciata

Il 9 maggio è una data attesa: dalla Russia che pare si prepari a celebrare la Giornata della Vittoria con l’annuncio di “guerra totale” in Ucraina; dal resto del mondo che non sa cosa attendersi da una situazione che si aggroviglia e si complica sempre più in un quotidiano crescendo di tensioni e atrocità, capaci di rendere più sfumato e lontano il tavolo della pace.

Per i russi il 9 maggio è la Giornata della Vittoria sul nazifascismo. La data è fissata da un fatto storico: l’8 maggio 1945 a Berlino (ma era già il 9 in Unione Sovietica che nella sua vastità conta 11 diversi fusi orari) fu firmata la resa della Germania, definitivamente sconfitta dalle forze alleate. Un ruolo fondamentale tanto nel secondo conflitto quanto nell’ultima battaglia di Berlino fu quello dell’Armata Rossa, che la sera del 30 aprile aveva innalzato la sua bandiera sul tetto del palazzo del parlamento tedesco.

Vent’anni dopo, nel 1965, in Unione Sovietica il 9 maggio fu proclamato Festa nazionale, da celebrarsi in piazza Rossa a Mosca con parate e solenni discorsi. Non andavano dimenticati né il ruolo dei russi nella caduta del Terzo Reich, né il peso del secondo conflitto mondiale (in Russia la Grande guerra patriottica) in termini di vittime: 8 milioni e mezzo di militari e quasi 17 milioni di civili.

Col passare degli anni l’enfasi di tali celebrazioni andò calando e solo con l’arrivo di Putin hanno ripreso vigore. Dal 2015, nel 70° della Vittoria, la memoria stantia di quel che accadde è stata trasformata in una trionfale esibizione di orgoglio patriottico, in pieno accordo col disegno putiniano di riportare in auge la grandezza russa: dalla cultura all’atomica. Dopo la disgregazione dell’Unione del 1991, andava ridata enfasi alla fierezza di essere russi e alla Russia stessa, a partire dalla sua potenza militare. Così, nell’ultima Giornata della Vittoria celebrata a Mosca nel 2019 (l’ultima, prima della pandemia), hanno sfilato in allineamenti perfetti 16mila soldati, 200 mezzi corazzati, 150 aerei ed elicotteri.

E quest’anno? Inizialmente si era indicata in questa ricorrenza la possibile fine della guerra, cosa che avrebbe permesso di coronare con patriottico nazionalismo la conquista delle regioni “denazificate” dell’Ucraina, secondo l’operazione speciale illustrata a fine febbraio da Putin. Resasi però sempre più lontana tale eventualità, si è fatta avanti un’altra ipotesi, avvalorata dalle parole di Viktoria Kalacheva, la vicesindaca di Mariupol imposta dall’amministrazione russa, secondo la quale la grande sfilata si sarebbe tenuta nella città martire: “L’evento si terrà senza alcun dubbio. La popolazione di Mariupol se lo aspetta” le sue parole riportate dall’agenzia di stampa russa Tass (in traduzione italiana al sito www.tass.com). Cosa crudelmente beffarda non solo ai nostri occhi, ma ancor più a quelli degli ucraini se è vero il quadro fornito dal sindaco ucraino di Mariupol, Vadym Boychenko, secondo il quale in due mesi di occupazione i russi avrebbero già fatto 20mila morti in città, esattamente il doppio dei 10mila provocati in due anni di invasione nazista nella seconda guerra mondiale (Avvenire, domenica 1° maggio). Al di là delle valutazioni d’opportunità, sono comunque i fatti a decidere e il protrarsi dei combattimenti, con le forze ucraine asserragliate nel fantasma dell’acciaieria di Azovstal, rendono l’evento difficile. Arduo anche per i russi, se sarà confermato che dal 9 maggio l’operazione speciale sarà trasformata in guerra totale: un cambio non solo lessicale ma sostanziale, ovvero impegno militare accresciuto quanto a uomini (mobilitazione di massa) e paesi coinvolti (alleati della Russia). Voglia il cielo che questa prospettiva, annunciata dal quotidiano britannico Independent, si riveli propaganda.

Cosa accadrà non è dato dunque sapere fino allora: ma nuvole sempre più nere si accalcano all’orizzonte, mentre un pericolosissimo gioco al rialzo di minacce, ritorsioni economiche e sfide armate sembra voler chiudere in gabbia una sempre più esile colomba della pace.

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